Agrigento capitale della cultura
Cacciari: "Riaffermare il pensiero filosofico contro l'IA"
Al teatro Pirandello il filosofo ha aperto "Sphairos incontri nei luoghi di Empedocle"
Massimo Cacciari
Al Teatro Pirandello di Agrigento, Massimo Cacciari ha lanciato un duro monito contro quella che considera una linea ormai evidente in ambito europeo: l’emarginazione della filosofia nei percorsi scolastici a favore di quella che definisce la «cultura del pasticcio», ossia l’approccio al pensiero umano ridotto a dimensione meramente biologica e sociologica.
Il filosofo ha ribadito la necessità di recuperare il pensiero antico non come una semplice «cartolina», ma come un’eredità viva che continua a interrogarci e a scardinare certezze consolidate.
La sua lectio magistralis ha inaugurato la quattro giorni di «Sphairos – Incontri filosofici nei luoghi di Empedocle», inserita nel programma ufficiale di Agrigento Capitale italiana della Cultura, quest’anno dedicato al tema «Dentro e fuori dalla caverna di Platone».
Davanti a una platea di studenti, docenti e appassionati, Cacciari ha proposto una disamina ampia del pensiero greco – e non solo – mettendone in risalto l’attualità e rivendicando come imprescindibile la riaffermazione del pensiero critico quale forma di confronto con il reale, avvertendo al contempo dei rischi, imminenti e concreti, di una sua progressiva cancellazione. Nel suo intervento, il filosofo ha richiamato anche i pericoli di un’idea di razionalità «fintamente efficiente», evocando il ruolo dell’intelligenza artificiale, capace di minacciare l’esistenza stessa della riflessione filosofica: «L’intelligenza buona diventa in tal senso quindi solo quella artificiale. O c’è quindi una reazione nel riaffermare il valore del pensiero filosofico o ci troveremo a parlare in futuro degli antichi solo in chiave archeologica e storica».
Cacciari ha poi denunciato la riduzione del riferimento al mondo classico a pura celebrazione:
«Il riferimento agli antichi ormai è qualcosa di puramente commemorativo, celebrativo. Perché in realtà tutta l’impostazione scolastica, formativa europea occidentale mira a far dimenticare gli interrogativi, le domande, le questioni davvero centrali che possono emergere dal pensiero classico. Il pensiero antico come l’abbiamo in mente noi ormai è qualcosa di, diciamo, turisticizzato. È una passeggiata nella Valle dei Templi senza avere la minima consapevolezza che in quel periodo vi erano le tragedie greche, vi era la filosofia eccetera. Se dimentichiamo tutto ciò, il nostro intelletto non è nient’altro che quell’organo che ci permette di misurare, calcolare, in modo efficiente, in modo utile, e lì ci arrestiamo, fine. E quindi chiudiamo ogni carattere trascendente del nostro esserci. Siamo lì. Ci addomestichiamo nella nostra finitezza, la consacriamo. Invece di vedere la nostra finitezza come anche una dimensione tragica del nostro esserci, la consacriamo e stiamo lì, tranquilli, sedati. E l’Antico è in tal senso un elemento che non fa altro che consolarci, che gratificarci, che permetterci una piacevole vacanza o la lettura di una bella poesia».