×

Le grane politiche

I guai della maggioranza, indagati in tutti i partiti: l’irritazione di Schifani

L’inchiesta su Cuffaro e Romano è l’ultima di una serie di vicende che hanno toccato tutto il centrodestra

Accursio Sabella

05 Novembre 2025, 09:02

I guai della maggioranza, indagati in tutti i partiti: l’irritazione di Schifani

Adesso non c’è partito, tra quelli alleati di Renato Schifani, che non abbia ricevuto cattive notizie dai Palazzi di Giustizia nel corso di questa legislatura. O che si trascini ancora oggi qualche guaio dalla scorsa. Dall’acqua alla sanità, dalla cultura alle elezioni, le spine hanno punto big e comprimari, deputati e assessori. In un colpo solo, l’inchiesta della Procura di Palermo tocca due leader come Totò Cuffaro, segretario nazionale Dc, e Saverio Romano, coordinatore di Noi Moderati, oltre al capogruppo democristiano all’Ars, Carmelo Pace che, nel frattempo, si è “autosospeso” dalla commissione regionale antimafia.

L’indagine ha riguardato anche nomi presenti nelle carte in un’altra inchiesta recente: quella sulla presunta corruzione per la rete idrica di Agrigento che vede indagato Roberto Di Mauro, uno degli uomini più fedeli a Raffaele Lombardo, ma anche, fino a pochi giorni prima, assessore regionale all’Energia. Una disavventura giudiziaria arrivata poco dopo quella che aveva portato all’arresto di Giuseppe Castiglione, con le accuse pesantissime di rapporti con la mafia. Ma i guai non hanno riguardato solo moderati e autonomisti. Due distinte vicende giudiziarie a cavallo tra la fine della scorsa e l’inizio di questa legislatura e che ruotano attorno a presunti voti di scambio e patti corruttivi, avevano riguardato il vicepresidente della Regione, Luca Sammartino, costretto anche a lasciare quel ruolo e a “subaffittare” l’assessorato all’Agricoltura a Salvatore Barbagallo, prima del ritorno. Ci sono, poi, le vicende di Fratelli d’Italia, con le indagini per corruzione a carico di un’altra componente della giunta di Schifani, cioè la titolare del Turismo Elvira Amata, e del presidente dell’Ars Gaetano Galvagno a cui si sono aggiunte quelle di peculato e recentemente di truffa relative, queste ultime, all’uso dell’auto blu. Un “mezzo” sul quale aveva viaggiato un’altra indagine, a carico del predecessore di Galvagno, cioè Gianfranco Micciché. Mentre sull’uso dei fondi per la cultura, era toccato a Carlo Auteri ricevere le attenzioni delle procure, prima dell’addio a Fratelli d’Italia e dell’approdo proprio alla Dc. Storia più antica, relativa alla gestione degli Interporti, quella che tiene ancora sotto processo l’europarlamentare di Forza Italia Marco Falcone, così come l’inchiesta per turbativa sulla nomina di un professionista, a carico del meloniano Ruggero Razza.

Ma da ieri, le opposizioni hanno materiale nuovo per tornare all’attacco. Di «ennesimo, durissimo colpo alla credibilità del governo Schifani» parla ad esempio il M5S attraverso il coordinatore regionale Nuccio Di Paola, il capogruppo Antonio De Luca e i deputati nazionali. I grillini all’Ars hanno anche annunciato di essere pronti a raccogliere le 36 firme necessarie per sciogliere il parlamento e tornare al voto. Per il segretario regionale del Pd, Anthony Barbagallo, siamo di fronte a «un sistema di malaffare e clientelismo che questo governo non è riuscito a spezzare». Il leader di Controcorrente, Ismaele La Vardera, ha invitato il governatore a mettere la Dc fuori dalla giunta: «Il presidente della Regione – ha detto - deve necessariamente tutelare l’immagine della Sicilia e usare il pugno duro». Per il segretario regionale di Avs Pierpaolo Montalto, «Schifani governa con una maggioranza di indagati». Per il capogruppo alla Camera di Italia Viva, Davide Faraone, «il sistema sanità in Sicilia è da radere al suolo», mentre per il leader di Azione Carlo Calenda, la Regione dovrebbe essere «commissariata». La Cgil, attraverso il segretario regionale Alfio Mannino ha invitato «la politica ad assumere decisioni indipendenti rispetto alle vicende processuali». E il caso ha subito prodotto i suoi effetti all’Ars: le opposizioni ieri hanno deciso di abbandonare i lavori, puntando il dito contro l’assenza di aula di Schifani.

Il governatore, dal canto suo, ha espresso «piena fiducia nella magistratura», ma allo stesso tempo filtra grande irritazione da Palazzo d’Orleans e l’intenzione di procedere con provvedimenti immediati nei confronti di quegli indagati che oggi ricoprono incarichi all’interno della macchina regionale.