Il Giorno in cui la Legalità Fu Messa a Rischio da un Avvocato in Carcere
Un sospetto gesto tra aula e detenzione che scuote l’ordinato mondo penitenziario siciliano. Cosa è realmente accaduto nella sala colloqui del Pagliarelli?

Un avvocato italiano di 41 anni, Benedetto Romano, originario di San Vito dei Normanni e iscritto al Foro di Brindisi, è stato colto in flagrante nel carcere palermitano Pagliarelli-Lo Russo mentre tentava di introdurre un microtelefono cellulare rivolto a un detenuto di massima sicurezza. La scena si è svolta nella sala colloqui, presidio della legalità, ora teatro di un episodio che mette in discussione la sicurezza dell’intero sistema penitenziario. L’avvocato stava consegnando il dispositivo a Gianluca Lamendola, 36 anni, anch’egli di San Vito dei Normanni, figura di vertice del clan criminale Lamendola-Cantanna, ramo della Sacra Corona Unita, condannato in primo grado a 20 anni per associazione mafiosa. Questo avvocato, considerato difensore, si è trasformato in un sospetto facilitatore della perpetrazione di attività criminali all’interno delle mura carcerarie.
Un arresto in flagranza che mette in luce vulnerabilità
L’intervento della Polizia Penitenziaria, guidata dal dirigente Giuseppe Rizzo, è stato deciso e tempestivo. Gli agenti hanno seguito scrupolosamente i movimenti sospetti durante il colloquio, giungendo a una perquisizione che ha chiarito ogni dubbio: il microcellulare è stato scoperto nascosto nei pantaloni del detenuto a fine incontro. Il trasferimento di Lamendola a Palermo da una struttura di massima sicurezza di Lanciano era già legato a episodi analitici, che avevano manifestato una pattern di tentativi di introdurre dispositivi illeciti.
La portata dell’episodio e risvolti giudiziari
Il legale arrestato, ora sottoposto a custodia cautelare, ha optato per il rito abbreviato, con udienza fissata per il 30 settembre 2025. Le indagini sono coordinate dalla Procura di Palermo, col magistrato Ilaria De Somma in prima linea. Il detenuto denunciato a piede libero rappresenta una gravitazione significativa verso azioni mafiose anche dall’interno del carcere.
La sicurezza in carcere e il contrasto al crimine organizzato
L’episodio riaccende l’attenzione sugli ostacoli del sistema penitenziario nel contenere l’ingresso di strumenti illeciti che permettono a detenuti di mantenere i canali comunicativi con l’esterno, alimentando così le reti criminali. La direzione del carcere di Pagliarelli e la polizia penitenziaria hanno sottolineato il loro impegno per la legalità, sicurezza e trasparenza del sistema penitenziario, evidenziando come la vigilanza sia fondamentale per evitare che figure anche apparentemente di tutela, come un avvocato, possano diventare complici di attività illecite.
È ancora centrale interrogarsi su come un microcellulare sia riuscito a superare controlli rigidi, compresi metal detector, e come sia possibile che un professionista legale si sia trovato in questa situazione. Questi interrogativi richiamano tutti allo sforzo continuo verso la vigilanza migliorie normative e strutturali.