Inchiesta "12 apostoli"
Processo al "santone" Capuana: i giudici in camera di consiglio
Il Tribunale di Catania è chiamato a decidere il destino giudiziario dei 4 imputati, accusati di violenza sessuale contro alcune minorenni che frequentavano l'associazione Acca.

Il processo 12 apostoli
Si sono ritirati in camera di consiglio i giudici della seconda sezione del Tribunale di Catania, chiamati a decidere sulle sorti dell'ottantenne Pietro Capuana e delle tre imputate Fabiola Raciti, Katia Scarpignato e Rosaria Giuffrida. I quattro sono accusati di violenza sessuale nei confronti di alcune minorenni che frequentavano l'associazione culturale Acca di Aci Bonaccorsi. Il processo è scaturito dall'inchiesta "12 apostoli" che nel 2017 scoperchiò i presunti abusi che si sarebbero consumati fra le mura della Comunità di Lavina.
L'udienza di oggi pomeriggio si è aperta con una mossa della difesa di Pietro Capuana. L'avvocato Mario Brancato ha sollevato un'eccezione sulla regolarità della composizione del collegio. Il legale, dopo la risposta ricevuta dal Csm in merito a un quesito sollevato dallo stesso penalista, ha evidenziato che il Consiglio Superiore della Magistratura ritiene che un collegio possa essere composto da un massimo di un giudice applicato fuori dalla sua sezione d'appartenenza. Il collegio, composto dal presidente Santino Mirabella e dalle giudici Cristina Scalia e Mariaconcetta Gennaro, ha rigettato l'eccezione dopo una breve camera di consiglio. Nell'ordinanza si evidenzia come la garanzia del giusto processo all'imputato sia garantita proprio quando ad emettere la sentenza sono gli stessi giudici che hanno partecipato al contraddittorio delle parti del dibattimento. In aula presente la pm Anna Maria Ciancio, che ha sostituito Agata Consoli nel frattempo nominata sostituto alla Procura Generale di Catania.
Un processo fiume
La requisitoria della pm Agata Consoli (oggi sostituto procuratore generale) risale a un anno fa. La pm chiese al tribunale condanne pesantissime: 16 anni di reclusione al "santone" Pietro Capuana per l'accusa di violenza sessuale aggravata, 15 anni a Fabiola Raciti e 14 anni a Katia Scarpignato e Rosaria Giuffrida. Queste ultime tre furono definite dalla stampa le tre "ancelle" dell'associazione culturale Acca al centro del dibattimento di primo grado, che oggi si concluderà. Le parti civili costituite con gli avvocati Tommaso Tamburino, Sergio Ziccone, Roberto Russo Morosoli, Salvo Pace, Tania Occhipinti e Francesco Laurino si erano associate alle richieste della procura etnea. Invece l'associazione Galatea è stata rappresentata dall'avvocato Mirella Viscuso, mentre il centro antiviolenza Thamaia dall'avvocato Laura Rizza, l'associazione Penelope dall'avvocato Santa Monteforte, Città Felice dall'avvocato Giulia De Iorio e Telefono Rosa Bronte dall'avvocato Samantha Lazzaro.
La difesa
Avevano chiesto invece l'assoluzione per tutti gli imputati i difensori. L'avvocato Mario Brancato - che assiste Capuana - ha insistito nell'infondatezza del piano accusatorio. Evidenziando inoltre le contraddizione di alcune delle presunte vittime. Lo stesso avevano fatto gli avvocati Giuseppe Grasso, Giada Taccia, Cesare Cicorella che assistono le altre tre imputate.
L'inchiesta
Le indagini condotte dalla polizia postale, scattate con l'arresto di Capuana nel 2017, avevano ricostruito i ripetuti abusi del santone che venivano presentati come atti di purificazione compiuti da un "arcangelo" reincarnato. L'inchiesta coordinata dal pool di pm che si occupa di "codice rosso" fu avviata grazie alla denuncia di una madre che per caso lesse una chat sul telefonino. Le ragazze, secondo la ricostruzione accusatoria, sarebbero state totalmente plagiate. Da quando scoppiò lo scandalo si è anche susseguita una sorta di battaglia fra denuncianti e adepti della comunità di Lavina. Molti hanno difeso Capuana respingendo il racconto investigativo. E purtroppo alcune giovani, che sarebbero state violentate da minorenni, furono insultate sui social.