Processo “Ombra”
Il secondo livello della mafia, il boss: «Facevo parte del club "Mille Miglia" di Cosa Nostra»
L'imputato Napoli, ammettendo le estorsione contestate, ha anche chiarito il significato di alcune intercettazioni e ha citato un articolo del 2018

Cita lo scrittore di Gomorra Roberto Saviano, il maestro Leonardo Sciascia e anche «locuzioni latine». L’ultimo interrogatorio di Francesco Napoli, rappresentante provinciale dei Santapaola fino al suo arresto scattato il 29 settembre 2022, dimostra ancora una volta quale è il profilo dei boss che Cosa Nostra ha scelto da qualche anno a questa parte. «Facevo parte di un’élite. Tipo il club delle mille miglia». Non è una novità, questa. L’uomo d’onore riservato ha ammesso le proprie responsabilità già nel processo «Sangue Blu».
Scelta che per Napoli ha un valore forte, fortissimo: «Di dissociazione» dalla compagine mafiosa più potente della Sicilia Orientale. L’erede di Napoli sarebbe stato Ciccio Russo, arrestato nel blitz Ombra l’anno scorso. Ed è proprio nell’ambito di quest’inchiesta (c’è già stata la requisitoria con le richieste di pena in abbreviato) che Napoli è stato sentito dalla pm Raffaella Vinciguerra. Alla domanda precisa del sostituto procuratore della Dda, il boss al 41bis ha confessato che sin da quando è uscito dal carcere nel 2019 sapeva quale fosse la sua «investitura mafiosa» anche se non è mai «stato» pungiuto «in senso stretto». L’imputato ha ridefinito il contesto di alcune intercettazioni che sono lo zoccolo duro delle estorsioni che gli sono contestate. E in particolare quelle con Letterio Barresi, che però specifica Napoli «non è un affiliato».
Ed è proprio la peculiarità di «esterno» che avrebbe fatto decidere all’ex rappresentante della famiglia Santapaola-Ercolano di incaricare «Barresi» di occuparsi della gestione del pizzo a un supermercato. Naturalmente, Napoli ammette che «l’esattore» avesse assoluta consapevolezza di cosa stesse andando a fare. E sicuramente non si trattava di qualcosa di lecito. Però su questa tangente, Napoli ha fatto una particolare precisazione: «Non l’ho fatta io, l’ho ereditata». E come riscontro al suo racconto, l’imputato cita un articolo del 2018 che ha letto mentre era in carcere, dove sarebbero state riportate le dichiarazioni di un certo Bonanno. Pezzo giornalistico che però non sarebbe stato recuperato. Bonanno è il cognome del collaboratore di giustizia Salvatore, che ha svolto il ruolo di «esattore» del pizzo per conto dei Santapaola e ha avuto modo di avere contezza della «carta delle estorsioni» del clan. Bonanno fu arrestato nell’ambito dell’operazione antimafia Kronos nel 2016.