La bufera
Sanità, la svolta di Schifani: un piano anti-corruzione. Schlein: "Il problema è chi guida la Regione"
Il governatore: "I manager nominati da un'alta commissione composta da tre soggetti"
Renato Schifani
Renato Schifani prova a uscire dall'angolo in cui l'inchiesta sul suo ex principale alleato Totò Cuffaro rischia di relegarlo e annuncia una svolta sulla nomina dei direttori generali delle aziende sanitarie: «Non saranno scelti soltanto dalla giunta, ma prima selezionati da un'alta commissione, composta da tre soggetti, uno nominato dal Presidente della Regione, uno da Agenas e uno dalla Conferenza dei rettori». La commissione «proporrà delle terne e all'interno delle terne poi deciderà la politica». È il jolly che il governatore prova a giocarsi per allentare un pressing che, giorno dopo giorno, sta diventando sempre più asfissiante. Non solo dalle opposizioni - con la segretaria del Pd Elly Schlein e l'ex ministro Peppe Provenzano a chiederne le dimissioni e a provare a fare del caso in Sicilia un tema nazionale - ma anche dagli alleati, o supposti tali.
Negli ultimi giorni sia Fratelli d'Italia che Forza Italia hanno presentato interrogazioni parlamentari a Roma per chiedere l'invio degli ispettori ministeriali in Sicilia. Per fare chiarezza sulle gare d'appalto (quella sui servizi di ausiliariato all'Asp di Siracusa assegnata alla Dussman) e sui concorsi pubblici (quello per gli Oss a Villa Sofia a Palermo) finiti nel mirino dei magistrati di Palermo. Ieri si è aggiunto anche l'ex deputato meloniano Manlio Messina, ormai tra i principali oppositori di Schifani: «La toppa è peggiore del buco - afferma - l'unico vero sistema imparziale per le nomine sarebbe l'utilizzo dell'intelligenza artificiale combinato con il sorteggio. Faccia un favore alla Sicilia: moralizzi davvero la situazione con le sue dimissioni».
Ieri è stato l'ultimo giorno di interrogatori al Tribunale di Palermo. Anche il braccio destro di Cuffaro Vito Raso ha negato le responsabilità. Entro la fine del mese si conoscerà la decisione del gip sugli eventuali arresti domiciliari per l'ex leader della Dc e gli altri indagati. Ma intanto arriva il presagio del presidente della commissione Antimafia Antonello Cracolici: «Questa storia giudiziaria è un capitolo di un lungo libro che verrà scritto in Sicilia nei prossimi mesi e che non riguarda solo Cuffaro. Molti degli altri che condividono il modello del cuffaresimo - non solo nel governo delle cose concrete, ma nell'approccio e nella visione della gestione della cosa pubblica - inevitabilmente potrebbero essere tirati dentro».
Il deputato Pd parla a Siracusa, al convegno "Liberiamo la Sicilia da malaffare, corruzione e clientele" organizzato dai dem. Presente anche Peppe Provenzano, mentre Elly Schlein si collega e affonda il colpo: «Il problema non è solo Cuffaro, ma chi guida la Regione - attacca - Non siamo alla ricerca di facili capri espiatori, ci sono stati altri scandali: dal presidente dell'Ars ad alcuni deputati. La destra è in crisi profonda e Schifani dovrebbe prenderne atto e trarne le dovute conseguenze. È troppo facile sospendere i tecnici e gli assessori anziché affrontare i nodi politici». Parla di una politica siciliana «ostaggio degli scandali del centrodestra e del governo regionale» e della necessità di liberarla «da questa cappa che la tiene a freno».
Schifani prova ad allungare la distanza dal suo ex alleato: prima l'esclusione degli assessori della Dc dalla giunta (anche se ieri Andrea Messina, uno dei due democristiani messi alla porta, ha sottolineato che si tratta di «una sospensione, una decisione provvisoria e non definitiva»). Poi il tentativo di mettere dei paletti all'onnipotenza della politica sulle scelte dei manager della sanità. Ma più il governatore ci prova, più le opposizioni alzano il tiro. «È l'inizio di una slavina che può arrivare anche a Roma - analizza Provenzano - e Roma potrà decidere, per convenienza più che per convinzione, di porre fine a questa esperienza». Arriverà il momento, è questa la percezione o forse più l'auspicio dei vertici del Pd, che sarà Giorgia Meloni a chiedere un passo indietro al governatore. «Questa - conclude Provenzano - per usare le parole di Piersanti Mattarella, non è più una Regione con le carte in regola».