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il caso

Augusta, olio caldo contro un agente: viaggio dentro un carcere al limite

Un gesto improvviso in una sezione bollente: l’ennesima aggressione diventa la spia di una crisi strutturale che a Augusta — e in Sicilia — non è più sostenibile

Alfredo Zermo

03 Dicembre 2025, 17:40

carcere

Carcere, generico

Un odore acre di fritto, poi il silenzio che si spezza in un grido. Dentro la Casa di reclusione di Augusta, nel tardo pomeriggio del 3 dicembre 2025, un detenuto rovescia olio caldo addosso a un agente della Polizia penitenziaria. Non è un film: è cronaca. L’agente viene medicato, ha una prognosi di dieci giorni, mentre dai corridoi arriva l’eco di una frase ripetuta da mesi dai sindacati: “episodi quotidiani nel silenzio”. È l’ultima goccia di un vaso già colmo: uno scatto d’ira che racconta molto più del singolo gesto, e che obbliga a guardare dentro il carcere di Augusta e, per estensione, dentro il sistema penitenziario siciliano e nazionale.

Non solo un caso: una scia di aggressioni

La dinamica è semplice e terribile: un detenuto, modalità che saranno chiarite nelle prossime ore dagli atti interni, usa olio bollente come arma improvvisata. La segreteria provinciale dell’Unione sindacati di polizia penitenziaria denuncia l’accaduto e parla di “episodi ormai quotidiani”. Il dato, per quanto riferito, trova una cornice nella lunga scia di violenze registrate nel penitenziario megarese: nell’agosto 2024 un agente finì in ospedale con 30 giorni di prognosi dopo essere stato colpito durante un intervento su un recluso che aveva appiccato il fuoco alla cella; nel gennaio 2024 un altro poliziotto fu pestato nel reparto di isolamento; nel settembre 2025 un assistente venne colpito a bastonate da un detenuto al regime di 14-bis. Pezzi di uno stesso mosaico.

Un penitenziario in sofferenza cronica

Le fonti sindacali raccontano da tempo di carenze di organico e pressione costante. Nel territorio siracusano, secondo denunce rese pubbliche la scorsa estate, gli agenti mancanti sarebbero decine, mentre l’indice di affollamento dell’area resta elevato. In Sicilia, tra 23 istituti, i detenuti sono oltre 7.000: un quadro complesso che vede Siracusa tra i contesti più sovraccarichi. Il sistema regionale risente della crescita nazionale: al 30 maggio 2025 i detenuti in Italia erano 62.722 a fronte di 46.706 posti effettivamente disponibili, con un sovraffollamento medio del 134%. Numeri che, tradotti sul piano operativo, significano più interventi, più tensione, più rischio.

Augusta, laboratorio (involontario) delle criticità italiane

La miccia che incendia la sezione

L’uso di olio caldo come arma d’offesa non è abituale ma è coerente con una tendenza nota ai reparti: la trasformazione di oggetti comuni in strumenti di aggressione. Se in altri episodi si è fatto ricorso a bastoni improvvisati o al fuoco appiccato in cella per innescare caos, ad Augusta il repertorio ha incluso in più occasioni l’incendio di suppellettili e la minaccia fisica diretta. Gli episodi del 18 agosto 2024 sono esemplari: cella data alle fiamme, personale costretto a intervenire tra fumo e urla, un agente con fratture allo zigomo e al braccio; e ancora, nella mattina successiva, nuovi disordini duramente contenuti. L’allarme dei sindacati — FNS CISL, SAPPE e altre sigle — è rimasto costante.

Regime 14-bis e gestione dei profili critici

In più casi, gli aggressori risultavano sottoposti al regime di 14-bis, misura disciplinare che limita la socialità per ragioni di sicurezza e ordine. È un’etichetta che spesso coincide con profili psichiatrici o particolarmente violenti: una miscela esplosiva in contesti dove l’assistenza sanitaria e psichiatrica è sottodimensionata rispetto ai bisogni. La cronaca di settembre 2025 parla di un agente colpito con un bastone e finito con 15 giorni di prognosi; quella di agosto 2025 di un presunto “ras” dei detenuti capace di afferrare un agente alle sbarre per colpirlo. In assenza di personale sufficiente e specialisti, il contenimento ricade su reparti già allo stremo.

Il contesto: sovraffollamento e carenze strutturali

Italia, terza in Europa per sovraffollamento

Dentro le mura di Augusta si riflette la fotografia italiana: terzo Paese in Europa per sovraffollamento carcerario secondo Eurostat, con un tasso del 119,1% e picchi in istituti storicamente sotto stress. Gli aggiornamenti del Garante nazionale e di realtà di ricerca come Antigone confermano nel 2025 un collasso del sistema: oltre 62.000 presenze, posti inagibili in sezioni intere, e un indice che oscilla tra il 121% ufficiale e il 133-134% effettivo, considerando le camere indisponibili.

Sicilia, pressioni eccezionali

In Sicilia l’onda d’urto è particolarmente forte: 7.063 detenuti nei 23 istituti dell’isola, con situazioni critiche a Palermo-Pagliarelli, Catania-Piazza Lanza, Siracusa e Gela. I dati diffusi nel giugno 2025 mostrano anche l’aumento esponenziale dei ritrovamenti di cellulari (+600%) e stupefacenti (+400%, sequestri per chilogrammi ogni mese): indicatori di un controllo materiale sempre più difficile in strutture affollate e vetuste. Il personale in servizio si aggira intorno a 3.711 unità, insufficiente secondo i sindacati a coprire turni e reparti speciali.

Siracusa-Augusta: organici sottili, rischio alto

Sul territorio siracusano, le cronache locali descrivono organici sotto di decine di agenti e una pressione operativa costante. Una testimonianza di agosto 2025 ricordava scoperture di circa 60 unità a Siracusa e 70 ad Augusta, stime sindacali che, pur da leggere con cautela, danno la misura del problema. È in contesti così che un gesto come l’olio bollente può diventare la miccia di un incendio disciplinare, o il puntello di violenze più gravi.

Cosa non ha funzionato: cinque criticità ormai strutturali

1) Sovraffollamento stabile sopra soglia

La presenza reale supera di 10-15mila unità i posti effettivi disponibili. Il 134% medio misurato a fine primavera 2025 non è un picco, ma una tendenza. Finché questo squilibrio non scende sotto il 105-110% per più mesi, le sezioni resteranno instabili.

2) Organici e formazione

Le segnalazioni su scoperture e turni indicano una doppia criticità: pochi agenti in servizio e carenza di moduli formativi specifici su de-escalation, gestione psichiatrica e eventi critici. In più episodi, l’uso di oggetti comuni come armi — dal bastone ai liquidi bollenti — trova gli operatori costretti a intervenire “a mani nude”.

3) Salute mentale dietro le sbarre

Il peso dei casi con disturbo psichiatrico è noto: i reparti ATMS e le reti territoriali non riescono a intercettare tutte le situazioni, e il carcere diventa un contenitore improprio. Ad Augusta, come in altri istituti, più aggressioni hanno coinvolto persone indicate come “psichiatriche” o “non collaboranti”, con esiti traumatici per gli operatori.

4) Ingressi e sicurezza passiva

La crescita dei sequestri di cellulari e droghe fotografata nel 2025 in Sicilia suggerisce la necessità di rafforzare filtraggi, perquisizioni e tecnologie anti-droni e anti-telefonia. Dove aumenta il traffico illecito, crescono anche pressioni e minacce contro il personale.

5) Norme penali e “effetto imbuto”

Il sistema vive un effetto imbuto: più ingressi, poche uscite, e posti indisponibili per inagibilità. Esperti e osservatori temono che pacchetti normativi più severi, in assenza di alternative custodiali efficaci, spingano ulteriormente verso l’affollamento nel 2026.Le voci dal territorio: cosa dicono i numeri e chi vive i reparti

Gli operatori che abbiamo ascoltato nelle ricostruzioni sindacali e cittadine parlano di un clima che alterna “giorni normali” a “rotture improvvise”. Una rottura come quella del 3 dicembre, con l’olio caldo lanciato addosso a un agente, trova una dinamica ricorrente: un contesto affollato, una sottosezione con profili difficili, un intervento durante il quale la distanza di sicurezza si riduce a pochi centimetri. L’esito può essere un trauma cranico, una frattura, una ustione o “solo” dieci giorni di prognosi. Ma ciascuno di questi episodi indebolisce nel tempo i reparti, costretti a coprire con meno uomini e a sospendere attività trattamentali per far fronte alle emergenze.

La cronaca recente del siracusano parla chiaro: nelle ultime estati più episodi si sono succeduti senza significative inversioni di rotta. Nell’agosto 2025, un agente di Augusta ha avuto una decina di giorni di prognosi dopo un’aggressione imputata a un detenuto indicato come “ras”. Nell’agosto 2024 e nel gennaio 2024, altre aggressioni in corsia isolamento o dopo incendi di cella hanno coinvolto operatori con volti tumefatti e arti fratturati. Non è un’anomalia locale, ma il punto d’incontro tra l’affollamento nazionale e le fragilità regionali.

Il filo rosso che unisce olio, fuoco e sovraffollamento

Nella cella di Augusta dove l’olio bollente è stato lanciato contro un agente, si incontrano le ombre lunghe del sistema: affollamento, carenze d’organico, salute mentale trascurata, traffici che crescono e reparti che si difendono come possono. Non è “solo cronaca”: è un indicatore della temperatura del sistema penitenziario, in Sicilia e in Italia. L’agente con dieci giorni di prognosi diventa il volto di una crisi misurabile, che i numeri confermano: 62 mila presenze su meno di 47 mila posti effettivi, Sicilia con oltre 7 mila detenuti in 23 istituti, Europa che ci colloca sul podio del sovraffollamento.

Se c’è una lezione da trarre dall’episodio del 3 dicembre 2025, è che la sicurezza — degli agenti, dei detenuti, della comunità — non si difende nell’istante dell’aggressione, ma nei mesi precedenti, quando si decide come riparare una sezione, come coprire un turno, come attivare una visita psichiatrica, come chiudere un varco ai cellulari. L’olio, una volta bollente, racconta solo l’ultimo atto. La politica e l’amministrazione hanno il compito di scrivere i precedenti.