L'inchiesta
Il sequestro-lampo a Vittoria "da un milione di euro", ci sono altri due indagati (uno è amico della vittima)
Dalle carte del gip di Catania emerge la sequenza del rapimento. Restano misteriosi i perché del rilascio. I tre indagati, fra cui il boss mafioso, fanno scena muta all'interrogatorio
Hanno fatto scena muta. Silenzio davanti al gip Luigi Barone i tre vittoriesi, Giuseppe Cannizzo, Stefano La Rocca e Gianfranco Stracquadaini (nella foto), accusati di essere i sequestratori del giovane vittoriese rapito il 25 settembre scorso. Per il rapimento durato un giorno ci sono altri due indagati. Ma per loro non è stata emessa alcuna misura. Le indagini, coordinate dal procuratore aggiunto di Catania Sebastiano Ardita, hanno portato a scoprire che la finalità dell'inquietante azione criminale era ottenere un riscatto dal facoltoso padre del ragazzo, imprenditore di una rinomata società agricola iblea. Per il gip gli elementi raccolti danno quasi una certezza matematica di quello che è accaduto in quelle 24 ore che hanno tenuto con il fiato sospeso un'intera comunità. Ma restano misteriose le ragioni che hanno portato al rilascio improvviso.
«Le indagini sin qui svolte hanno consentito di ricostruire con estrema precisione - annota il gip - la sequenza degli accadimenti e di individuare con un grado di approssimazione prossimo alla certezza alcuni responsabili del misfatto, anche se restano oscuri alcuni segmenti della vicenda relativi al suo epilogo».
A far fallire la richiesta di riscatto da un milione di euro sarebbe stata la perdita del cellulare della vittima, che avrebbe ostacolato il fatto di mettersi in contatto con i suoi familiari. Una ricostruzione che però il gip ritiene «quanto mai inverosimile».
Stracquadaini - arrestato un mese fa dopo un anno di latitanza e ritenuto il referente della Stidda di Vittoria (anche se avrebbe contatti con Cosa Nostra), stava creando un proprio gruppo criminale mafioso nel Ragusano. E avrebbe fatto il rapimento per acquisire forza e potere. E un po' di liquidità.
Il gip rileva che anche se «la volesse ritenere corrispondente alla realtà», questa ricostruzione «attribuirebbe alla vicenda un epilogo grottesco che mal si concilia con l'attenzione con cui il rapimento era stato pianificato ed attuato ed con le mire espansionistiche mafiose che, si sostiene da parte dell'accusa, avere animato Stracquadani e i correi. In realtà - osserva il gip - è oltremodo probabile, anche se allo stato non dimostrato, che siano state ben altre dinamiche intervenute dopo il rapimento tali da portare in brevissimo tempo alla liberazione dell'ostaggio con intervento di persone la cui identificazione consentirebbe di comprendere la relazione tra questo delitto e organizzazioni criminali mafiose operanti nel territorio di Vittoria. In assenza, però, di dati investigativi certi e precisi che illuminano sul contesto criminale nel quale la vicenda è maturata e si è risolta, deve allo stato escludersi la correlazione tra il delitto in esame ed eventuali consorterie mafiose che si assume essere state le beneficiarie di questa azione».
Dalle 38 pagine dell’ordinanza emerge anche un altro particolare: un amico della vittima che era con lui al momento del sequestro lo avrebbe "tradito", svolgendo il «ruolo di "basista"» e rivelando ai sequestratori, «in tempo reale, la sua esatta posizione» e permettendo al "commando" di «agire con precisione chirurgica» facendolo arrivare «esattamente nel luogo e all’orario in cui il 17enne si trovava in strada assieme ad altri due amici».
