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L'intervento

Il delitto di Paolo, quei messaggi "raffinatissimi" che non bisogna sottovalutare

Palermo si era fortemente ribellata dopo gli eccidi di Capaci e via d’Amelio

Francesco Vitale

19 Ottobre 2025, 12:26

15:21

Il delitto di Paolo,  quei messaggi "raffinatissimi" che non bisogna sottovalutare

Porto la pistola perché Palermo è una città violenta”, è una delle frasi pronunciate da Gaetano Maranzano, il giovane assassino reo confesso dello Zen che ha spento la vita di un suo coetaneo con un colpo di revolver.

Questa frase che avrebbe consegnato ai magistrati è, a mio avviso, molto di più di ciò che appare in superficie. In quelle parole c’è tutta la tragedia di una nuova stagione di barbarie a basso costo, di morti casuali, di lame e pistolettate che Palermo sta vivendo e che in molti si ostinano a non voler vedere. Una stagione che rischia di fare ripiombare la città negli anni di piombo delle guerre di mafia.

Palermo conosceva quel tipo di terrore, al quale si è ribellata con grande furore dopo gli eccidi di Capaci e via d’Amelio. In quella occasione la società civile e le forze dell’ordine si unirono con un tacito accordo che sfociò nelle tante vittorie dello Stato nella lotta a Cosa Nostra.

In quegli anni la sicurezza garantita dallo Stato era visibile, palpabile. In strada era difficile non imbattersi in un’auto della polizia o dei carabinieri, in ogni “canto” della città. Oggi sta accadendo la stessa cosa? I cittadini si stanno ribellando alla comunità presa in ostaggio da bande di giovani che, ahinoi, hanno mangiato pane e violenza fin dall’infanzia? E le forze dell’ordine presidiano come prima strada e vicoli? La risposta purtroppo è sotto gli occhi di tutti.

Diverse persone si chiedono cosa stia accadendo nel capoluogo siciliano. E non è facile rispondere.

Un aspetto a mio avviso centrale di ciò che sta accadendo è una sorta di “napolitanizzazione” del la galassia criminale che vive nel ventre di ogni metropoli e che a Palermo si è nutrita dello sfaldamento della Cosa Nostra come l’avevamo conosciuta. Soprattutto in termini di controllo del territorio, che oggi è confinato a spicchi di singoli quartieri e non all’intera area metropolitana.

Laddove sono venuti meno gli storici interessi illeciti delle varie famiglie mafiose (grazie anche alla repressione giudiziaria) il controllo mafioso si è fatto impalpabile, spesso inesistente. Ed è curioso notare come sia lo Stato “ufficiale” che quello “parallelo” di Cosa Nostra siano rimasti spiazzati di fronte a questi criminali 4.0.

Però c’è un però, che rende ancora più complessa la risposta alla domanda su cosa sta accadendo a Palermo. E quel però riguarda ancora una volta la mafia. Non dobbiamo, infatti dimenticare che la Cosa Nostra è associazione criminale antica e di salde tradizioni, sempre capace di rinascere magari sotto altre forme. Ma soprattutto è sempre stata governata da menti raffinatissime, per dirla con Giovanni Falcone. Ecco perché non mi stupirei se questo caos attuale nel mondo della malavita palermitana fosse in qualche modo propedeutica alla rinascita di un nuovo sodalizio criminale, molto più snello e violento e soprattutto non ingabbiato dalle vecchie regole imposte ai cosiddetti uomini d’onore.

Una Cosa nuova dunque, che magari ingloberà anche pezzi del vecchio sistema o ne erediterà le vie dei traffici (ormai residui) e qualche gancio politico.

Ecco allora che quella frase “Palermo è una città violenta”, pronunciata dal giovane Maranzano agli inquirenti, offre una ulteriore chiave di lettura. E se si trattasse di un mantra, fatto girare con dolo dalle solite menti raffinatissime per dire che il re è nudo? Per mettere ancora una volta alla berlina lo Stato che da solo non ce la fa? Si dirà, ma da questo caos cosa ricaverebbero le cosche? Quale sarebbe il loro guadagno? Riguarda la affollatissima costellazione di locali e localini sorti nel cuore del centro storico e non solo, che macinano soldi. Un affare che però rischia di deragliare. Con gruppetti di assassini in erba che si muovono da Monreale a Sferracavallo, che avvelenano e spesso uccidono il sacrosanto diritto dei ragazzi di Palermo di divertirsi e di tornare sani e salvi a casa.

È vero che si tratta di singoli episodi non riconducibili ad una strategia unitaria e che, quindi, può apparire un azzardo pensare ad un nuovo cartello criminale in via di costruzione.

Ma a Monreale come Sferracavallo si sono affrontate bande di giovani contrapposte, in guerra tra loro. E per cosa? Per la leadership delle piazze di spaccio e, quindi, per il controllo di fette di territorio, con tutto ciò che comporta, estorsioni in primis.

Poi dalle borgate “scendono” in città e sparano come nei videogiochi o nelle serie televisive. Un magma che da qualche parte dovrà pur depositarsi. Con una aggravante: oggi chi detiene una “pistoletta” si crede un boss. E forse c’è qualcuno che glielo fa credere. E si gode lo spettacolo.