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L'opinione

Un vero garantista protegge i diritti, non i delitti

Tra garantismo e sospetti di strumentalizzazione: perché una parte della sinistra sostiene le riforme di Nordio per difendere i diritti e rendere più efficiente la giustizia

11 Novembre 2025, 22:28

Un vero garantista protegge i diritti, non i delitti

A sinistra paiono essere numerosi coloro i quali, sulla riforma della giustizia e soprattutto sulla separazione delle carriere, sono decisi a schierarsi sulle posizioni assunte dal ministro Nordio. Si tratta di posizioni di principio sulle quali larga parte del popolo progressista ritiene di non poter transigere, anche a costo di favorire lo schieramento di governo. Chi ha sempre portato avanti le battaglie per la “giustizia giusta”, a ragione, ritiene di non dover fare un passo indietro per ragioni di schieramento politico. Sta accadendo, quindi, che leader molto rappresentativi della sinistra ritengano che vi sia un’oggettiva assonanza tra le battaglie garantiste sempre sostenute e alcune delle riforme che il centrodestra si sta intestando. Costoro pensano che le posizioni della destra in materia di riforme della giustizia, tendenti a garantire i diritti, anche se fondatamente sospettate di strumentalizzazione politica, vadano comunque portate avanti, nella speranza che ad esse si possa accompagnare un processo di efficientamento degli apparati giudiziari.

La storica battaglia per la “giustizia giusta”, condotta dai partiti riformisti non può essere rinnegata solo perché la destra storicamente forcaiola, una volta al governo, si è inventata garantista, magari per le numerose inchieste che hanno riguardato alcuni personaggi eminenti di quell’area politica. Un garantismo già emerso con Berlusconi al potere. Il riformismo giudiziario della destra, con i governi di Berlusconi, tendeva a garantire l’impunità dei nuovi governanti. Si sono avute, a tal fine, numerose leggi ad personam, dirette a ostacolare i processi o addirittura a condizionarne l’esito.

Il garantismo che improvvisamente emergeva tra le fila berlusconiane sembrava più interessato a garantire i delitti che a presidiare i diritti. Del resto, non bisogna mai dimenticare che, di fronte alle vicende di Tangentopoli, Berlusconi, attraverso le sue televisioni, inneggiava ai giudici-sceriffi, considerando Borrelli e i suoi collaboratori i costruttori della nuova Italia che si accingeva a governare. La destra per gli imputati chiedeva il cappio, non le garanzie.

L’idea che prevaleva, da questo punto di vista, era quella secondo cui bisognasse difendersi non nel processo ma dal processo. Era, questa, la nuova cultura garantista della destra di governo. Un garantismo improvvisato, senz’anima, non certo quello auspicato dai padri costituenti.

La “giustizia giusta” di cui parlavano i riformisti era ed è invece quella basata sullo scrupoloso rispetto delle norme processuali e non sulla cultura del sospetto. Ben vengano i forcaioli pentiti impegnati a riformare la giustizia, a patto che il fine non sia quello di privilegiare chi ha potere e ricchezza ma di garantire il cittadino che aspira a vedere presi sul serio i diritti.

Coloro che, pur stando all’opposizione, vogliono alcune riforme della giustizia promosse dal governo per meglio garantire i diritti non manifestano, fino a prova contraria, alcuna tendenza all’inciucio ma proseguono una battaglia garantista, tendendo soprattutto a tutelare le parti più deboli della società.

Il tema della “giustizia giusta” continuerà ad essere divisivo fintanto che si avranno riforme tendenti a privilegiare coloro che hanno i mezzi per difendersi, grazie anche al potere politico esercitato, mentre le parti più deboli della società, che non hanno santi in paradiso, sono costrette a subire le prepotenze di una giustizia inefficiente e quindi ingiusta. È sperabile che oltre alle riforme di cui si discorre, altre riforme possano essere promosse al fine di rendere più efficiente il sistema giudiziario, e non per imbavagliarlo.