Hamas celebra il 7 ottobre: «La battaglia continua». Ma non risparmia critiche a tutto il mondo arabo
Nel secondo anniversario dell'attacco nel sud di Israele, l'organizzazione terroristica ha diffuso un comunicato
A due anni dall’attacco di Hamas nel sud di Israele del 7 ottobre 2023, la Striscia di Gaza appare come un cumulo di macerie, segnata da morti e carestia. Gaza City è divenuta una città fantasma; circa due milioni di palestinesi sono stati costretti a sfollare ripetutamente, ammassandosi perlopiù nel sud del territorio. Gli aiuti umanitari restano al minimo e, nonostante le trattative in corso, per la popolazione civile è difficile intravedere la fine del conflitto.
Quel 7 ottobre i miliziani di Hamas attraversarono le recinzioni che delimitano la Striscia, attaccando i villaggi israeliani, uccidendo 1.200 persone tra israeliani e stranieri e sequestrando 251 ostaggi. L’operazione venne battezzata “Diluvio di al-Aqsa”. Il giorno seguente Israele avviò la controffensiva “Spada di Ferro” con l’obiettivo dichiarato di liberare i rapiti e annientare Hamas, colpendo con raid aerei anche aree densamente popolate.
Dopo una settimana, il 13 ottobre, le Forze di Difesa Israeliane (Idf) ordinarono agli abitanti del nord della Striscia di spostarsi verso sud, provocando l’evacuazione di oltre un milione di persone: il più imponente esodo di palestinesi dalle proprie case. Il 27 ottobre l’Idf diede inizio all’invasione di terra, separando il nord dal sud e lanciando un’offensiva tra le più sanguinose di sempre, con la distruzione di città e villaggi. Chi è rimasto ha assistito a uccisioni di massa, fame e arresti.
Nel secondo anniversario, Hamas ha diffuso un comunicato in cui afferma: “Dopo due anni dall’Alluvione di al-Aqsa, la battaglia continua, sono evidenti le sue ripercussioni politiche e militari in tutta la regione”. E ancora: “Due anni dopo, il nemico persiste nella sua brutale guerra contro il nostro popolo, intrepido, tra la complicità internazionale e il fallimento arabo”. Il testo prosegue sostenendo che “due anni ed il nostro popolo è rimasto radicato nella sua terra, aggrappandosi ai propri legittimi diritti contro i piani di liquidazione della causa e di sfollamenti forzati”, e conclude: “Il nostro popolo si è unito alla propria resistenza aderendo ai propri principi nazionali, ben lontano da illegittimi progetti di tutela”.