La svolta in medioriente
La diretta - Su Gaza c'è l'accordo tra Israele e Hamas. Trump: «Giornata storica». Tajani: «La soluzione è i due Stati». Hamas: «Ora l'indipendenza»
Che cosa sta accadendo nella Striscia in queste ore dopo l'ok al Piano degli Stati Uniti

ORE 14.21 - Il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, ha raccontato in un’intervista telefonica a Fox News, durante la trasmissione Hannity, che il premier israeliano Benjamin Netanyahu gli avrebbe detto: “Non ci posso credere. Ora piaccio di nuovo a tutti — intendendo se stesso — e, soprattutto, tutti amano di nuovo Israele”. Trump ha replicato: “Bibi, Israele non può combattere contro tutto il mondo, e lui questo lo capisce benissimo”.
Le dichiarazioni sono arrivate nella notte, all’indomani del raggiungimento dell’accordo su Gaza.
Nel corso della stessa intervista, Trump ha sostenuto che per questo risultato “tutto il mondo si è messo insieme”, precisando che “così tanti Paesi che non avresti mai detto si sono messi insieme per questo accordo. Tanti Paesi che non ti immagini si sono collegati lì (a Sharm el-Sheikh), hanno offerto tutto l’aiuto necessario (...) È stato un periodo di tempo veramente incredibile. È così grande per Israele, per i musulmani, per i Paesi arabi e per gli Stati Uniti d’America. Più che una pace a Gaza, questa è la pace in Medio Oriente”.
Il comunicato di Hamas
ORE 12.55 - In un comunicato diffuso in arabo dopo l’annuncio dell’intesa, Hamas dichiara: «Dopo negoziati seri e responsabili condotti dal movimento e dalle fazioni della resistenza palestinese riguardo alla proposta del presidente Trump a Sharm el-Sheikh, con l’obiettivo di porre fine alla guerra di sterminio contro il nostro popolo palestinese e ottenere il ritiro dell’occupazione dalla Striscia di Gaza, il Movimento di Resistenza Islamica (Hamas) annuncia di aver raggiunto un accordo che prevede la fine della guerra su Gaza, il ritiro dell’occupazione, l’ingresso degli aiuti umanitari e uno scambio di prigionieri».
L’organizzazione prosegue: «Apprezziamo profondamente gli sforzi dei fratelli mediatori in Qatar, Egitto e Turchia, così come valorizziamo l’impegno del presidente americano Donald Trump volto a fermare definitivamente la guerra e garantire il completo ritiro dell’occupazione dalla Striscia di Gaza».
E ancora: «Invitiamo il presidente Trump, i Paesi garanti dell’accordo, e tutte le parti arabe, islamiche e internazionali a obbligare il governo dell’occupazione a rispettare pienamente gli obblighi previsti dall’accordo, e a non permettergli di eludere o ritardare l’attuazione degli impegni presi».
Nel testo si legge inoltre: «Salutiamo il nostro grande popolo nella Striscia di Gaza, a Gerusalemme, in Cisgiordania, all’interno della patria e nella diaspora, che ha dimostrato un’eroica fermezza e una dignità senza pari, opponendosi ai progetti fascisti dell’occupazione che miravano a colpirlo e a negargli i suoi diritti nazionali. Questi sacrifici e queste posizioni eroiche hanno fatto fallire i piani israeliani di sottomissione e deportazione».
La dichiarazione si conclude così: «Ribadiamo che i sacrifici del nostro popolo non andranno persi, e che rimarremo fedeli all’impegno preso. Non rinunceremo ai diritti nazionali del nostro popolo, fino al raggiungimento della libertà, dell’indipendenza e dell’autodeterminazione».
La Russia: bene il cessate il fuoco
ORE 12,42 - La Russia ha accolto con favore l’intesa sul cessate il fuoco e lo scambio di ostaggi tra Israele e Hamas, auspicando una rapida concretizzazione dei termini concordati. “Il fatto che sia stato sostanzialmente stabilito un cessate il fuoco a Gaza non può che essere fonte di generale soddisfazione. Tutti questi sforzi sono benvenuti”, ha dichiarato il portavoce del Cremlino, Dmitry Peskov, citato dall’agenzia di stampa statale russa Ria Novosti. “Speriamo che oggi vengano apposte le firme e che seguano azioni concrete per implementare gli accordi”, ha aggiunto.
Il recupero dei corpi degli ostaggi
ORE 12,10 - Secondo fonti israeliane, qualora Hamas non riuscisse a recuperare i corpi degli ostaggi deceduti, entrerà in azione nella Striscia di Gaza una forza multinazionale istituita dal Coordinatore per i prigionieri, incaricata di rintracciare e riportare le salme i cui luoghi di sepoltura sono noti alle Forze di difesa israeliane (Idf). Lo riferisce Channel 12. Il dispositivo, composto da Qatar, Egitto, Stati Uniti e Israele, opererà all’interno dell’enclave; Gerusalemme metterà a disposizione mezzi di ingegneria pesante per portare a termine le operazioni.
Tajani: «La soluzione è i due Stati»
ORE 11.54 - Il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, intervistato da RTL 102.5, ha ribadito che l’unica prospettiva credibile per il Medio Oriente resta la soluzione dei due Stati. «Il quadro definitivo può essere soltanto quello di due popoli e due Stati, un obiettivo che perseguiamo da anni, non sarà facile perché non ci deve essere nessuno che deve pensare di cancellare l’altro dalla carta geografica, ma nessuno che possa dire che i palestinesi non hanno diritto a un loro Stato, perché finché non si arriverà ad una convivenza pacifica tra due popoli…»
Il ministro degli Esteri, Antonio Tajani, intervistato da RTL 102.5, ha ribadito che l’unica prospettiva credibile per il Medio Oriente resta la soluzione dei due Stati. «Il quadro definitivo può essere soltanto quello di due popoli e due Stati, un obiettivo che perseguiamo da anni, non sarà facile perché non ci deve essere nessuno che deve pensare di cancellare l’altro della carta geografica, ma nessuno che possa dire che i palestinesi non hanno diritto a un loro Stato, perché finché non si arriverà ad una convivenza pacifica tra due popoli sarà difficile avere stabilità in Medio Oriente. Non è facile, però bisogna lavorare», ha affermato.
Tajani ha quindi richiamato la necessità di un impegno continuo e condiviso: «La pace si costruisce giorno per giorno, non è sufficiente la firma di un accordo. Grande lavoro, grande sforzo dalla parte americana, qatariana, egiziana e turca, ma con il sostegno di tutti. Oggi ci sarà anche una riunione a Parigi per vedere la fase della ricostruzione, perché bisogna anche ricostruire quella fascia della Striscia di Gaza che dopo due anni di guerra è devastata. Bisogna lavorare intensamente, l’Italia farà alla sua parte, ma l’obiettivo finale è quello di avere due popoli con due Stati».
Sul contributo italiano a un eventuale dispositivo internazionale, il titolare della Farnesina ha spiegato che Roma è pronta a fare la propria parte, anche sul piano della sicurezza: «Da quando si deciderà, se si deciderà, di avere una forza internazionale per governare e per unificare la Palestina, ma l’abbiamo sempre detto, possono esserci militari, possono esserci i carabinieri per garantire la sicurezza. Già abbiamo carabinieri che formano la polizia palestinese a Gerico. In più ci sono carabinieri all’ingresso di Rafah. I carabinieri già sono lì presenti, hanno sempre svolto un ruolo molto, molto positivo. Sono benvoluti della popolazione civile palestinese e hanno anche più rapporti con gli israeliani. Quindi questa è la cosa migliore da fare. Vedremo se ci sarà o non ci sarà. Noi diamo la nostra disponibilità a dare aiuti umanitari, partecipare alla ricostruzione e partecipare eventualmente alla gestione internazionale di una situazione che porti alla unificazione della Palestina».
Il parroco di Gaza: qui ancora esplosioni
ORE 11.53 - Con la didascalia «Gaza. Ancora tutti aspettiamo il cessate il fuoco. 9.10.2025. 11.30 (circa)», il parroco di Gaza, padre Gabriel Romanelli, pubblica le fotografie delle esplosioni che questa mattina si scorgono dalla sua chiesa, nonostante il raggiungimento di un’intesa.
Meloni: «Grata al presidente Trump»
ORE 11.48 - Giorgia Meloni ha dichiarato di essere stata costantemente informata sull’andamento dei colloqui che hanno portato all’accordo su Gaza, spiegando al Gr1 Rai di aver intuito da giorni una progressione positiva dei negoziati. «Ero in contatto con discreta parte dei negoziatori, sapevo che le cose stavano andando bene, che si facevano passi avanti da qualche giorno. Su queste cose si aspetta sempre ad avere la certezza ma per me era una notizia attesa», ha affermato la presidente del Consiglio.
La premier ha quindi espresso gratitudine per il lavoro svolto dai mediatori e dalla comunità internazionale: «Dobbiamo dire davvero grazie al lavoro fatto da Trump, dai mediatori che ci hanno lavorato, Qatar, Egitto e Turchia ma non solamente, e a una comunità internazionale che quando è stato presentato il piano di pace ha lavorato per dare una mano con una convergenza sostanzialmente totale».
Meloni ha aggiunto: «Auspico e credo che ci sarà lo stesso lavoro di squadra nell’implementazione e realizzazione di un piano di pace molto complesso. Stiamo parlando della prima fase del piano, che prevede il rilascio degli ostaggi e un ritiro graduale delle forze israeliane dalla Striscia di Gaza. Il lavoro è molto lungo, dovrà coinvolgere anche noi e la comunità internazionale».
Il ritiro parziale di Idf
Ore 11,44 - Secondo quanto riferisce Ynet, la fase iniziale del disimpegno delle Forze di difesa israeliane (Idf) dalla Striscia di Gaza riguarda i reparti logistici delle divisioni impiegate a Gaza City nell’ultimo mese, nell’ambito dell’operazione «Carri di Gedeone 2». L’esercito israeliano sta riducendo la presenza delle unità non combattenti nel territorio e, tra oggi e il fine settimana, anche i reparti operativi avvieranno un graduale ripiegamento dalla Striscia. Dalla prossima settimana è inoltre previsto il congedo di migliaia di riservisti.
ORE 11,16 - Il ministro delle Finanze israeliano, l’esponente di estrema destra Bezalel Smotrich, noto per le sue dichiarazioni incendiarie, ha sostenuto che Hamas debba essere annientato subito dopo il rilascio dei rapiti a Gaza.
“Subito dopo il ritorno degli ostaggi, lo Stato di Israele riprenderà a impegnarsi con tutte le sue forze per la vera eradicazione di Hamas e il vero disarmo di Gaza, in modo che non rappresenti più una minaccia per Israele”, ha scritto in un post su X.
L’intervento è arrivato dopo l’annuncio che, nella riunione di governo, voterà contro il piano di tregua su Gaza raggiunto nella notte, pur precisando di non volere la caduta dell’esecutivo. “È anche fondamentale garantire che non si torni alle idee sbagliate del 6 ottobre e che non si diventi di nuovo dipendenti dalla calma artificiale, dagli abbracci diplomatici e dalle cerimonie sorridenti, ipotecando il futuro e pagando prezzi orribili”, ha aggiunto Smotrich.
AVVIATO IL RITIRO DELL'IDF DALLA STRISCIA
ORE 8,30 - Le Forze di difesa israeliane (Idf) hanno reso noto di aver avviato i preparativi per un ritiro parziale delle truppe dalla Striscia di Gaza nell’ambito dell’accordo di cessate il fuoco con Hamas, riporta il Times of Israel. In una nota, i militari spiegano che “secondo le direttive di livello politico e in conformità con una valutazione della situazione, l’Idf ha avviato i preparativi operativi per l’attuazione dell’accordo”. Nell’ambito di tali attività, l’esercito si dice pronto a ridislocare le unità verso “linee di schieramento modificate nel prossimo futuro”. “Le Idf continuano a essere schierate nell’area e si stanno preparando per qualsiasi sviluppo operativo”, aggiunge la dichiarazione. In un precedente comunicato, era stato inoltre avvertito che il nord della Striscia resta, per ora, zona di combattimento. Secondo ANSA-AFP da Gerusalemme, “l’esercito ha avviato i preparativi operativi in vista dell’attuazione dell’accordo. Nell’ambito di questo processo (...) le linee di schieramento (nella Striscia di Gaza) saranno rapidamente modificate”, afferma una comunicazione militare. Nella giornata odierna è prevista una riunione del gabinetto del governo israeliano per esaminare e approvare l’intesa. Le truppe israeliane controllano il 75% del territorio palestinese e un funzionario di Hamas ha dichiarato che il rilascio degli ostaggi avverrà “contemporaneamente a specifici ritiri israeliani” dalle aree della Striscia di Gaza.
Il rush finale: dal biglietto all'annuncio, così si è arrivati all'intesa e adesso la corsa al Nobel per la Pace
ORE 2.34 -
«Sono molto orgoglioso di annunciare che Israele e Hamas hanno entrambi sottoscritto la prima fase del nostro Piano di pace». Con queste parole, pubblicate su Truth Social alle 19:00 ora di Washington (01:00 in Italia), il presidente Donald Trump ha ufficializzato il successo della sua mediazione in Medio Oriente.
Nel messaggio, Trump ha spiegato che l’accordo prevede «il rilascio imminente di tutti gli ostaggi e il ritiro graduale delle truppe israeliane secondo una linea concordata». Il presidente ha definito l’intesa «un passo decisivo verso una pace forte, duratura e perenne», ringraziando i mediatori di Qatar, Egitto e Turchia per la loro collaborazione. «Benedetti i costruttori di pace», ha concluso.
La corsa al Nobel e la strategia geopolitica
Dietro la rapidità dell’annuncio si nascondono molteplici motivazioni politiche e personali. Trump punta a coronare la sua iniziativa diplomatica con il Premio Nobel per la Pace, che potrebbe essere assegnato già domani, ma anche a imprimere una svolta strategica negli equilibri del Medio Oriente.
Il presidente americano avrebbe voluto chiudere l’accordo in tempi rapidi per evitare un possibile ritorno dell’Iran al tavolo dei negoziati, scenario che rischierebbe di compromettere l’estensione degli Accordi di Abramo al mondo arabo sunnita e di isolare nuovamente Teheran. Al tempo stesso, Trump mira a consolidare la propria leadership internazionale, anche in funzione del dossier ucraino, dove cerca una nuova legittimazione diplomatica.
Le tensioni interne e il fronte Maga
La fretta di Trump è legata anche ai malumori crescenti all’interno della sua base Maga. Alcune figure di spicco, come Candace Owens e Tucker Carlson, hanno espresso posizioni critiche nei confronti del premier israeliano Benyamin Netanyahu, accusandolo di eccessiva rigidità militare.
La recente scomparsa di Charlie Kirk, che aveva manifestato apertamente l’intenzione di “abbandonare la causa israeliana”, ha ulteriormente scosso gli ambienti conservatori americani. In questo contesto, Trump punta a ricompattare il suo elettorato presentandosi come l’artefice di una storica pace in Medio Oriente.
Il ritorno di Jared Kushner e la diplomazia della Casa Bianca
Per raggiungere l’obiettivo, Trump ha richiamato in servizio Jared Kushner, già architetto degli Accordi di Abramo durante il primo mandato presidenziale. Insieme all’inviato speciale Steve Witkoff, Kushner ha lavorato a stretto contatto con il vicepresidente J.D. Vance, il segretario di Stato Marco Rubio e la capo di gabinetto Susie Wiles per definire la strategia finale.
I negoziatori americani sono poi partiti per Sharm el-Sheikh, dove si è svolta l’ultima fase del dialogo con i rappresentanti israeliani e palestinesi. «Netanyahu ha fatto un grande lavoro con la forza militare per esercitare pressione su Hamas, ma ora deve comprendere che è il momento di accettare la tregua», avrebbe detto Trump ai suoi collaboratori.
Gaza e la prospettiva economica del dopoguerra
Secondo le stime delle Nazioni Unite, la ricostruzione della Striscia di Gaza richiederà circa 52 miliardi di dollari, una cifra ingente ma proporzionale alle opportunità economiche e geopolitiche che la pace potrebbe generare. Trump, in più occasioni, ha definito Gaza «una potenziale Riviera del Mediterraneo», simbolo di rinascita e cooperazione tra Israele e i Paesi arabi.
Un nuovo equilibrio per il Medio Oriente
L’attivismo diplomatico del presidente statunitense è evidente. Fonti vicine alla Casa Bianca riferiscono che Trump avrebbe personalmente redatto il testo delle scuse di Netanyahu all’emiro del Qatar per il bombardamento di Doha, un gesto che ha facilitato il riavvicinamento con i mediatori arabi.
L’Arabia Saudita, nel frattempo, ha risposto positivamente al processo, spingendo l’OPEC ad aumentare la produzione di petrolio come segnale di distensione. L’obiettivo di Trump è chiaro: ampliare gli Accordi di Abramo all’intera regione, favorendo una soluzione a due Stati e spingendo anche l’Iran a scegliere tra isolamento o cooperazione.