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Chi è Marwan Barghouti, il leader voluto dai palestinesi per l'Anp che Israele non vuole rilasciare

Per Tel Aviv è un terrorista, ma è in cima alla lista dei prigionieri che Hamas pretende siano liberati: la trattativa sul suo nome va ancora avanti

Alfredo Zermo

09 Ottobre 2025, 18:55

19:03

Chi è Marwan Barghouti, il leader voluto dai palestinesi per l'Anp che Israele non vuole rilasciare

Per Israele è un terrorista e uno dei principali responsabili della Seconda Intifada; per molti palestinesi, invece, un leader amatissimo, ingiustamente condannato e spesso paragonato al “Mandela palestinese”. The Economist lo ha definito “il prigioniero più importante del mondo”, tanto da essere stato candidato al Nobel per la Pace nel 2010. Di certo il nome di Marwan Barghouti — già segretario generale di Fatah in Cisgiordania e capo della milizia Tanzim — è in cima alla lista dei detenuti che Hamas pretende siano liberati da Israele in cambio del rilascio degli ostaggi ancora a Gaza. Da settembre 2023 guida tutti i sondaggi, in Cisgiordania e nella Striscia, come candidato più popolare alla presidenza dell’Autorità nazionale palestinese (ANP); i dati di maggio del Palestinian Center for Policy and Survey Research lo danno in testa, con Mahmoud Abbas solo terzo.

Nato nel 1962 a Kobar, vicino Ramallah, Barghouti sta scontando cinque ergastoli nel carcere israeliano di Hadarim con l’accusa di aver orchestrato attacchi contro civili israeliani, imputazioni che ha sempre respinto. Membro del Comitato Centrale di Fatah e del Consiglio Legislativo Palestinese (PLC), è considerato uno dei principali pretendenti alla successione di Abbas e si dava per probabile una sua candidatura alle presidenziali previste per luglio 2021. In tandem con Nasser Kidwa guidò la lista “Libertà” per le legislative di maggio dello stesso anno. Entrambe le consultazioni furono poi annullate da Abbas.

Prima della Prima Intifada fu un leader studentesco all’Università di Birzeit, dove si laureò e si distinse nelle mobilitazioni popolari. Arrestato a 18 anni come militante di al-Fatah, trascorse sei anni in prigione, imparando l’ebraico. Espulso in Giordania nel maggio 1987, l’anno seguente venne eletto nel Consiglio Rivoluzionario dell’OLP a Tunisi. Poté rientrare in Cisgiordania solo nel 1993, in seguito agli Accordi di Oslo, e nel 1994 assunse l’incarico di segretario generale di Fatah in Cisgiordania. Nel 1996 fu eletto al PLC con un consenso molto ampio e avviò una severa campagna contro gli abusi dei diritti umani da parte degli apparati di sicurezza di Yasser Arafat e contro la corruzione. Secondo molti analisti, quella presa di posizione ne consolidò il carisma e ne accelerò l’ascesa, pur segnando un progressivo distacco dal rais, del quale era considerato l’erede politico.

All’epoca della Seconda Intifada, Israele lo accusa di aver diretto operazioni armate contro obiettivi israeliani e di aver contribuito alla nascita delle Brigate dei Martiri di al-Aqsa. Fu arrestato nell’aprile 2002 dai reparti speciali dell’esercito israeliano a Ramallah, mentre si trovava a casa di un parente, durante l’operazione “Scudo difensivo”. Da mesi nel mirino, nell’agosto 2001 era scampato a un tentativo di uccisione, sopravvivendo a un missile lanciato contro l’auto su cui viaggiava. Nel 2002 un tribunale israeliano lo condannò per terrorismo.

Dal carcere ha continuato a esercitare influenza sul movimento dei prigionieri e a scrivere per mantenere un canale con l’esterno. Durante la detenzione ha contribuito alla stesura del Documento di Conciliazione Nazionale dei Prigionieri del 2006, co-firmato con Abdulkhaleq al-Natsheh (Hamas), Bassam Saadi (Jihad Islamica Palestinese), Abdel Rahim Mallouh (Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina) e Mustafa Badarneh (Fronte Democratico per la Liberazione della Palestina). Nel 2017 ha guidato un ampio sciopero della fame per chiedere il rispetto dei diritti dei detenuti e condizioni carcerarie più dignitose.

Secondo quanto rivelato da una fonte di Hamas alla tv satellitare al-Jazeera,  i mediatori continuano a lavorare, con "sforzi intensi", per definire nelle prossime ore l’elenco con i nomi dei detenuti palestinesi che dovrebbero essere rilasciati da Israele nell’ambito dell’annunciato accordo con Hamas sulla "prima fase" del piano Trump. Tra loro c'è anche il nome di Barghouti, anzi come detto è il primo della lista