Medio Oriente
Meloni ringrazia Trump: "La pace non si fa sventolando le bandiere"
Il governo guarda al board per transizione. La Schlein: "Sollievo per l'accordo, ora due stati"
Ha seguito per tutta la notte l’evoluzione degli eventi, restando in contatto con Washington e con le principali capitali del Medio Oriente. Così, in tempo reale, Giorgia Meloni ha ricevuto la “straordinaria notizia” dell’accordo su Gaza, per la quale ha immediatamente ringraziato il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump. L’esecutivo italiano si dice pronto a fare la propria parte: contribuire alla ricostruzione e, qualora si istituisse una forza internazionale di pace, fornire anche contingenti militari, come ha precisato il ministro degli Esteri Antonio Tajani.
Sul fronte interno, Palazzo Chigi punta a ribaltare le accuse di complicità in genocidio risuonate in Aula e nelle piazze, rivendicando che Roma è stata “complice dell’accordo di pace raggiunto”, secondo quanto si sottolinea da Giovanbattista Fazzolari ad Arianna Meloni.
Nel Paese si registra un sollievo bipartisan per la prospettiva di porre fine alla carneficina a Gaza, pur con sfumature diverse tra maggioranza e opposizione. “Accogliamo con sollievo l’accordo sulla tregua – osserva la segretaria del Pd, Elly Schlein –. Ora serve che tutti rispettino l’accordo e che si prosegua con tutti gli altri passi indispensabili per garantire la soluzione politica dei due popoli e due Stati, con il riconoscimento dello Stato di Palestina e la fine dell’occupazione illegale in Cisgiordania, unica via per una pace giusta e duratura in Medio Oriente”.
Il leader del M5S, Giuseppe Conte, auspica “una svolta definitiva”, pur accusando il governo di “un particolare attivismo nell’intestarsi un processo di pace del quale si fingono promotori e protagonisti”.
Meloni, che nel pomeriggio ha ricevuto l’ex primo ministro britannico Rishi Sunak in “visita di cortesia”, si dice “commossa” dalle immagini dei festeggiamenti a Gaza, al termine di una crisi che “oggettivamente non era più sostenibile”. “È un giorno storico”, aggiunge, rimarcando la “convergenza” internazionale sul piano di Trump e il ruolo dei mediatori – in particolare Qatar, ormai interlocutore privilegiato per Roma, Egitto e Turchia.
La premier rivendica i propri sforzi “silenziosi e costanti” nel cercare “il dialogo con tutte le parti”, contrapposti alla strategia “demagogica” delle opposizioni, che “chiedevano un’ostilità diretta con Israele”. “La pace – l’affondo di Meloni – si costruisce lavorandoci e non limitandosi a sventolare bandiere”.
Fonti di Palazzo Chigi sottolineano come abbia prevalso “l’unica strada percorribile, l’azione diplomatica e di dialogo in cui si è trovato un punto di caduta”.
In attesa di verificare modalità e tempi di attuazione della prima fase dell’intesa, nei piani alti del governo si ritiene che, più avanti, all’Italia possa essere chiesto di prendere parte al processo di pace. “Se ci verrà chiesto un contributo, siamo ovviamente pronti a stare in prima linea. Il lavoro è molto lungo – avverte la premier –, dovrà coinvolgere anche noi e la comunità internazionale”.
Tra le ipotesi, un ruolo per Roma nel board chiamato a governare transitoriamente la Striscia di Gaza. Sul dossier lavorano in prima battuta Stati Uniti, Israele e Arabia Saudita, mentre nella capitale si studiano tutti i passi possibili. Intanto si discute di un coinvolgimento attraverso osservatori o altre forme di partecipazione, a partire dalla ricostruzione.
“L’Italia – assicura Tajani – è pronta a fare la sua parte per consolidare il cessate il fuoco, per fare arrivare nuovi aiuti umanitari e per partecipare alla ricostruzione di Gaza. Siamo pronti anche a inviare militari in caso di creazione di una forza internazionale di pace per riunificare la Palestina”.
Per arrivare a quello scenario, Meloni considera passaggi decisivi “il disarmo di Hamas, che non dovrà avere alcun ruolo”, il blocco degli insediamenti in Cisgiordania e un “percorso di riforma” per l’Autorità nazionale palestinese.