IL DISASTRO
L'elicottero caduto in Valtellina, il lavoro in montagna, l'operaio morto e l'urgenza di capire perchè
Quattro uomini in quota sulle cicatrici della frana di novembre. Uno non tornerà più, gli altri tre sono vivi. Dentro il relitto distrutto, una storia di lavoro in montagna, procedure, soccorsi e domande a cui dare una risposta
All’alba avanzata, quando la Valmalenco si accende di una luce lattiginosa e l’aria sa di roccia bagnata e resina, un rumore secco ha spezzato la continuità del mattino. Un velivolo che fino a un istante prima era solo un puntino giallo tra i canali e le pareti si è trasformato in un’ombra che scende, scivola, urta e si sbriciola. L’elicottero è precipitato in località Le Prese, territorio di Lanzada (Sondrio), poco dopo le 8:30 di oggi. A bordo c’erano il pilota e tre lavoratori impegnati nei sopralluoghi legati alla messa in sicurezza dell’area franata a metà novembre. Uno di loro è stato trovato senza vita, a valle dei rottami. Gli altri tre sono feriti, ma vivi: tra loro c’è il pilota, Maurizio Folini, 60 anni, nome conosciuto dell’elisoccorso alpino internazionale.
Un impatto in una zona impervia: cosa sappiamo dell’incidente
Il punto dell’incidente è la conca di Le Prese, poco sopra il fondovalle, tra cenge e placche inclinate dove l’inverno arriva presto. Secondo le informazioni raccolte nelle prime ore, l’elicottero era impegnato in un volo di servizio legato ai lavori di consolidamento dopo la frana del 12 novembre in Valmalenco: un sorvolo tecnico per portare e riposizionare personale e materiali in quell’area ancora fragile. Nella dinamica provvisoria, che resta da confermare, compare un contatto con la roccia — lo “sperone” che in montagna può diventare un centimetro fatale — e poi la perdita di controllo e la caduta. È una ricostruzione che gli inquirenti stanno verificando, incrociando testimonianze, tracciati e reperti.
Sul posto si sono mossi nell’immediato i Vigili del fuoco, il Soccorso alpino e l’AREU 118 con l’eliambulanza: una colonna di mezzi da terra, mentre dall’alto operava anche il “Drago 166” del reparto volo dei vigili del fuoco di Malpensa, con elisoccorritori calati in verricello in un quadrato di montagna che non concede errori. La scena all’arrivo delle squadre era chiara: elicottero distrutto, campo di detriti su pendii ripidi, cenni di vita in tre dei quattro occupanti. Per il quarto, un operaio, non c’è stato nulla da fare.
Le persone coinvolte: il pilota e gli operai
A bordo del velivolo c’erano quattro uomini: il pilota Maurizio Folini, 60 anni, di Chiuro, e tre lavoratori di 57 e 27 anni (più un terzo la cui età non è stata diffusa in modo univoco nelle primissime ore). L’operaio deceduto è stato individuato “a valle” rispetto al punto d’impatto, come spesso accade quando l’urto e il rotolamento disperdono i corpi oltre il relitto. I tre feriti sono stati stabilizzati sul posto e trasferiti: due all’ospedale di Sondrio con traumi giudicati non gravi, uno — il più giovane, 27 anni — all’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo in elisoccorso, per lesioni agli arti. Nessuno dei tre è in pericolo di vita sulla base dei primi bollettini. Folini, secondo i riscontri ospedalieri, avrebbe riportato lesioni alla mano e traumi minori.
Di Folini il mondo della montagna conosce curriculum e reputazione: missioni di elisoccorso ad altissima quota tra Himalaya ed Everest, ore e ore di volo in condizioni difficili, recuperi che in pochi sanno condurre con la stessa tecnica e lucidità. È un profilo che rende ancora più doloroso e complesso da accettare ciò che è successo: anche i migliori, in montagna e in aria, devono fare i conti con l’imprevisto. È il patto non scritto di questi mestieri.
Cosa stava facendo l’elicottero
Il contesto è quello di una frana recente che ha ferito la Valmalenco a metà novembre: messa in sicurezza, disgaggio di massi instabili, ripristino di tratti compromessi. In questi scenari l’elicottero è un utensile prezioso: sposta squadre e attrezzature, accompagna i tecnici dove il terreno non consente alternative, moltiplica l’efficienza degli interventi. È un lavoro scandito da procedure, valutazioni meteo, briefing e “check list” ripetute. Eppure il rischio residuo non scende mai a zero, specie dove la roccia fratturata e le correnti d’aria locali possono cambiare in pochi secondi una traiettoria che sembrava sotto controllo. Le prime informazioni raccolte indicano che il volo del 4 dicembre rientrava in questo quadro operativo.
Nelle primissime ore alcune fonti locali hanno riferito che il velivolo potesse essere di una compagnia di lavoro aereo attiva sulle Alpi; al momento dell’inchiesta non risultano conferme ufficiali definitive, ma è un dettaglio che gli atti faranno emergere con chiarezza. Più rilevante, sul piano della sicurezza, è comprendere come e perché si sia passati dal profilo di volo previsto al contatto con la roccia e all’impatto.
I soccorsi: tempi, scelte, difficoltà
Il primo allarme è stato registrato intorno alle 8:35. Da quel momento il tempo si è contratto dentro la catena del soccorso. Per interventi come questo la differenza la fanno i minuti e la capacità di coordinare assetti molto diversi: elicotteri sanitari, velivoli dei Vigili del fuoco, squadre SAF (Speleo Alpino Fluviale) che sanno muoversi tra i rottami su pendenze dove basta un passo sbagliato per diventare a propria volta vittime. La priorità è stata doppia: estrarre i vivi e mettere in sicurezza l’area. In parallelo, l’autorità giudiziaria ha disposto i primi accertamenti, mentre i Carabinieri e il Soccorso Alpino della Guardia di Finanza hanno cinturato il perimetro per consentire i rilievi tecnici e preservare tracce utili.
La conferma del decesso è arrivata nelle ore successive, con un dettaglio che dice molto della cinematica dell’impatto: il corpo del lavoratore è stato trovato “a valle”, distante dal blocco principale del velivolo. È un elemento che gli specialisti leggeranno insieme all’orientamento dei rottami, alla distribuzione dei frammenti, alle tracce di strisciata sulla roccia e alla posizione dei carichi eventualmente trasportati.
Un’indagine che parte dalla dinamica e guarda al contesto
Ogni incidente aereo — anche quando avviene su un sentiero di montagna e non in un aeroporto — seguela stessa logica: ricostruire la catena degli eventi. Le piste principali, di norma, sono quattro:
- fattore umano (decisioni, percezione, comunicazioni);
- condizioni del mezzo (manutenzione, eventuali avarie);
- ambiente (meteo, vento, orografia, ostacoli);
- interazione tra questi elementi, che spesso è la chiave.
Nel caso di Lanzada, i primi riscontri parlano di un urto con la roccia. Resta da accertare se quell’urto sia la causa primaria o l’effetto di un problema precedente (una perdita di portanza, un’improvvisa raffica, un malfunzionamento) o se sia stato innescato da una manovra correttiva già in corso. Le indagini dovranno acquisire:
- i registri di manutenzione del velivolo;
- i piani di volo e le comunicazioni operative;
- le condizioni meteo nel dettaglio (visibilità, vento in quota, turbolenza orografica);
- le testimonianze di chi era a bordo e di chi ha visto la traiettoria;
- eventuali dati di tracking se il velivolo ne era dotato.
Nel frattempo, l’area è stata posta sotto sequestro e i rottami verranno ispezionati in modo sistematico. È un processo che richiede pazienza e metodo, ma è l’unico che, al netto dell’inevitabile emozione, consenta di arrivare a una verità tecnica.
Chi è Maurizio Folini
Per chi frequenta la montagna d’inverno, il nome di Maurizio Folini non è nuovo. Pilota valtellinese, ha firmato in carriera interventi di elisoccorso ad alta quota diventati casi di studio, anche nella zona dell’Everest. La sua presenza ai comandi non è un dettaglio folcloristico, ma un dato che colloca l’evento in una cornice di alta professionalità. Detto questo, nessuna esperienza mette al riparo dal rischio in contesti dinamici come le pareti della Valmalenco. Per Folini e per i passeggeri, le prossime settimane saranno fatte di controlli clinici e di audizioni con gli investigatori.
I prossimi passaggi: perizie, sequestri, audizioni
- Sequestro dei rottami e perizia strutturale del velivolo, con attenzione a rotore, trasmissione, comandi di volo.
- Analisi della traiettoria presunta a partire dalle tracce sul terreno e dalle testimonianze.
- Acquisizione dei protocolli di safety e dei documenti del cantiere post-frana.
- Valutazione delle condizioni meteo al suolo e in quota nell’intervallo tra 8:00 e 9:00 di giovedì 4 dicembre, inclusi eventuali bollettini di vento da nord.
- Audizioni di Folini e dei due operai sopravvissuti, quando le condizioni cliniche lo consentiranno.
- Coordinamento tra Procura, Carabinieri, Vigili del fuoco, CNSAS e Guardia di Finanza per restituire una ricostruzione univoca.
La tempistica realistica? Alcuni elementi potranno chiarirsi in giorni; altri richiederanno settimane. L’obiettivo dichiarato delle autorità è duplice: stabilire responsabilità, se ve ne sono, e migliorare le pratiche in quota, perché il lavoro sulla montagna — oggi più che mai, tra dissesto e eventi meteorologici estremi — non si fermerà.