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il caso

Mosca contro la Corte penale internazionale: condannato a 15 anni per il giudice catanese Rosario Aitala

È il firmatario del mandato contro Putin. Altri otto magistrati finiscono nella lista dei ricercati russi

Redazione La Sicilia

12 Dicembre 2025, 16:36

Mosca contro la Corte penale internazionale: condannato a 15 anni per il giudice catanese Rosario Aitala

Nella settimana decisiva che molti osservatori definiscono “decisiva” per capire se sarà possibile una tregua in Ucraina, da Mosca arriva un segnale che sa di sfida e di provocazione. Il Cremlino ha infatti condannato a 15 anni di carcere il giudice catanese Rosario Aitala, primo vicepresidente della Corte penale internazionale, colpevole – secondo la giustizia russa – di aver perseguito persone innocenti e di aver firmato mandati di arresto “illegali” contro Vladimir Putin. Lo scrive Avvenire.

La vicenda non è un episodio isolato, ma si inserisce in un braccio di ferro che dura ormai da mesi. Aitala è stato il magistrato che ha istruito le indagini della procura internazionale contro il leader del Cremlino, firmando il mandato di cattura per Putin con l’accusa di deportazione dei bambini ucraini. Successivamente, le imputazioni si sono allargate ad altri crimini di guerra, come la distruzione deliberata di infrastrutture civili.

La condanna non è arrivata da un tribunale qualsiasi, ma da quello presieduto dal giudice Suvorov, lo stesso che in passato aveva mandato in Siberia il dissidente Alexei Navalny e altri oppositori politici. Un segnale chiaro: chi tocca Putin e il suo sistema di potere viene colpito duramente.

Ma Aitala non è l’unico. Con lui sono stati condannati altri otto magistrati della Corte e della procura internazionale, fra cui l’ex presidente della CPI Petr Józef Hofmański, la sua successora Tomoko Akane, e il secondo vicepresidente Reine Alapini-Gansou. Tutti inseriti in una lista di ricercati internazionali, con la possibilità che Mosca chieda all’Interpol di emettere un mandato globale.

La mossa russa arriva dopo che, nel marzo 2023, la Corte penale internazionale aveva emesso il primo mandato di cattura per Putin e per la commissaria ai diritti dei bambini Maria Lvova-Belova, accusati di deportazione illegale di minori ucraini. Mosca aveva respinto il provvedimento definendolo “nullo” e aveva avviato un procedimento penale contro i giudici della Corte. Ora, con questa sentenza, il Cremlino alza ulteriormente il livello dello scontro.

Il messaggio è chiaro: la Russia non riconosce l’autorità della giustizia internazionale e risponde con condanne simboliche, ma pesanti, contro chi ha osato incriminare il suo leader. Una partita che si gioca non solo sul campo di battaglia ucraino, ma anche sul terreno della diplomazia e del diritto, dove Mosca cerca di ribaltare le accuse e di presentarsi come vittima di una persecuzione politica.