tensioni internazionali
“Intercettata in volo”: la nuova petroliera venezuelana fermata dagli USA nei Caraibi accende il braccio di ferro tra Trump e Maduro
Elicotteri sulla prua, equipaggio trasferito e versioni discordanti sulle sanzioni: cosa sappiamo davvero dell’ultimo sequestro statunitense e perché può cambiare gli equilibri nel Mar dei Caraibi
Una sagoma scura, luci di via spente, onde che tamburellano sullo scafo. Poi il battito delle pale rompe il buio tropicale: un elicottero cala corde sulla coperta, sagome armate scivolano a bordo, si muovono tra tubazioni e passerelle. In pochi minuti l’operazione è conclusa: l’equipaggio viene preso in consegna, trasferito con la stessa via aerea sulla nave della Guardia Costiera degli Stati Uniti, e il mercantile, carico di greggio venezuelano, cambia rotta. È la scena — confermata da più fonti — del nuovo intervento americano in acque internazionali del Mar dei Caraibi del 20 dicembre 2025, che riaccende la tensione tra Washington e Caracas e accende un dibattito cruciale: la nave era o no tra quelle colpite dalle sanzioni?
Secondo ricostruzioni concordanti, l’azione si è svolta in alto mare, a ridosso della costa venezuelana, nell’ambito della linea dura impressa dalla Casa Bianca di Donald Trump: “blocco totale” dei traffici di petrolio che gli Stati Uniti ritengono collegati al regime di Nicolás Maduro e a reti di evasione delle sanzioni. Sulla nave specifica, però, le versioni divergono: ABC News parla di un’unità “sanzionata” e di una nuova dimostrazione muscolare della DHS guidata da Kristi Noem; Axios, al contrario, scrive che la petroliera non figurerebbe nelle liste OFAC, suggerendo uno scatto in avanti della dottrina di interdizione americana, ormai estesa — di fatto — a qualunque carico di greggio venezuelano al di fuori di eccezioni autorizzate come Chevron.
Un’operazione “aerea” in alto mare
La dinamica operativa, descritta da testate statunitensi, conferma l’impiego di elicotteri con personale specializzato in abbordaggi di tipo VBSS (visit, board, search, and seizure). L’equipaggio della petroliera è stato trasferito a mezzo elicottero a bordo di un’unità della USCG; la nave è stata presa in custodia e scortata. Il dispositivo navale in area include assetti maggiori della US Navy; la portaerei USS Gerald R. Ford è menzionata come piattaforma di supporto per operazioni di questo tipo nei dispacci dei grandi quotidiani americani.
Le coordinate esatte non sono state rese pubbliche; tutte le fonti concordano però sul fatto che l’intervento sia avvenuto in acque internazionali del Caribe, “a ridosso” della Zona Economica Esclusiva venezuelana. La scelta del teatro — fuori dalle acque territoriali — è parte della strategia legale statunitense per evitare contestazioni immediate di violazione della sovranità.
Un precedente che pesa: il caso Skipper del 10 dicembre
Per leggere l’episodio del 20 dicembre, bisogna tornare a dieci giorni prima. Il 10 dicembre 2025 gli Stati Uniti hanno condotto un’operazione analoga contro la VLCC “Skipper”, che trasportava circa 1,8-2 milioni di barili di greggio Merey caricato a Puerto José. In quell’occasione, il Dipartimento di Giustizia ha in seguito reso pubblico un mandato di sequestro emesso il 26 novembre 2025 dal tribunale federale di Washington DC, motivato dal sospetto che la nave — già nota con il nome “Adisa” — facesse parte di una rete di trasferimenti illeciti di petrolio legata a IRGC-QF e Hezbollah. L’Attorney General Pam Bondi ha diffuso un video di 45 secondi del fast-rope sull’unità; ABC e altre testate hanno ribadito che la nave era “da anni” sotto sanzione OFAC. Caracas e L’Avana hanno definito l’azione un atto di “pirateria”.
Quel precedente spiega due fatti: primo, la catena di comando e gli strumenti giuridici con cui Washington si muove; secondo, perché oggi le letture si dividono. Se il 10 dicembre il riferimento alle sanzioni era documentato via mandato e tracciabilità del bene, il 20 dicembre fonti diverse arrivano a conclusioni opposte sullo status sanzionatorio della nuova nave.
Sanzionata o no? Le versioni che non coincidono
La versione “nave sanzionata”: ABC News (edizione USA e Australia) riporta dichiarazioni e filmati che inseriscono l’ultima interdizione nel perimetro di un’azione su “vessels under sanction”, confermata — a livello politico — dalla Segretaria alla Sicurezza Interna Kristi Noem in un aggiornamento del 20 dicembre. L’impostazione è chiara: applicazione dinamica del pacchetto sanzioni e strumenti di sequestro ai sensi della legislazione antiterrorismo statunitense.
La versione “nave non sanzionata”: Axios sostiene invece che il mercantile intercettato il 20 dicembre non figurasse nelle liste OFAC, presentando il boarding come un salto di qualità: non più soltanto le navi listate, ma qualsiasi unità che trasporti greggio venezuelano verso mercati esteri, esclusi i corridoi licenziati (per esempio Chevron, nell’ambito delle autorizzazioni limitate). L’operazione sarebbe quindi una prova d’allargamento di regole sul campo, oltre la cornice di una mera “enforcement” delle liste.
Una terza pista, ufficiosa: in dispacci di agenzie e giornali americani si distingue sempre più tra “nave sanzionata” e “carico sanzionato”. In altre parole, l’unità può non essere nominativamente in lista, ma trasportare petrolio venezuelano associato a transazioni vietate o a soggetti sanzionati. È un discrimine tecnico-giuridico che apre scenari complessi di confisca del carico anche senza blacklisting della nave. Reuters e Washington Post hanno fatto riferimento a questa possibilità nel descrivere l’operazione.
Il quadro giuridico: tra diritto del mare e giurisdizione USA
Base domestica: il mandato reso pubblico dopo il caso “Skipper” indica l’uso delle norme federali sul sequestro di beni legati a reati di terrorismo e violazioni sanzionatorie. Il percorso prevede convalida giudiziaria, intervento di FBI, HSI, USCG e, se necessario, supporto DoD. È la stessa architettura che appare operare nel fermo del 20 dicembre, anche se non è stato ancora pubblicato un provvedimento analogo.
Diritto del mare: giuristi interpellati dai media ricordano che l’abbordaggio in acque internazionali è giustificabile in casi specifici (per esempio, nave senza nazionalità, o bandiera sospetta/abusiva), con “diritto di visita” e ispezione; ma la confisca di una nave straniera per sanzioni unilaterali resta terreno controverso sul piano del diritto internazionale. Al Jazeera riassume bene il punto: ciò che è legale per i tribunali USA può non esserlo in un’ottica UNCLOS.
La posta in gioco: petrolio, potere e deterrenza
Numeri e rotte: il greggio Merey venezuelano viaggia su VLCC capaci di 1,8-2 milioni di barili, spesso con ship-to-ship transfer per celare origine e destinazione. Il caso Skipper include un travaso di circa 200.000 barili verso una nave in rotta per Cuba, poi la rotta verso Est. Le interdizioni mirano a rompere questa logistica “ombra”.
Effetti di mercato: secondo analisi riportate dai media, le mosse di dicembre non hanno innescato picchi di prezzo, complice una sovraofferta globale e il peso relativo ancora limitato della produzione venezuelana. Ma nel medio periodo, il rallentamento delle esportazioni è un colpo alla cassa del governo di Maduro, che rimane dipendente dagli introiti del greggio.
Segnale politico-militare: l’incremento di asset statunitensi nel Caribe e l’uso di una portaerei come “base di proiezione” comunicano deterrenza tanto sul piano navale quanto su quello politico, nel contesto di una “blockade policy” che la stampa anglosassone definisce “sharp escalation”. Per Caracas e L’Avana è pirateria; per Washington è enforcement contro narco-terrorismo e finanziamento illecito.
Cosa cambia dopo il 20 dicembre
Più incertezza per gli armatori: se la nave del 20 dicembre non fosse formalmente sanzionata (come sostiene Axios), il messaggio alla shadow fleet è chiaro: non basta cambiare nome, bandiera o società di comodo per sentirsi al sicuro; anche il solo carico o i beneficiari finali possono esporre l’unità a interdizione. È una leva di deterrenza che moltiplica il rischio legale e assicurativo lungo tutta la catena.
Ritorsioni e scorte navali: Maduro ha ordinato scorte della Marina venezuelana ai mercantili diretti ai porti nazionali, aumentando il rischio di incidente. Nel frattempo, si moltiplicano le segnalazioni di rallentamenti e riposizionamenti di navi cisterna nel Caribe, in attesa di capire la nuova soglia di rischio.
Diplomazia in allarme: i governi alleati di Caracas denunciano “pirateria” e invocano l’ONU; Washington parla di interdizione legale in base a mandati e sanzioni. È prevedibile un nuovo round di note verbali e richieste di chiarimento su bandiere, registri e statelessness delle unità fermate.