Il caso a Caltanissetta
In città vivono diecimila poveri assoluti
Tra statistiche, ricorrenze e sonnambulismo sociale c'è un'emorragia che si allarga costantemente e che difficilmente potrà essere tamponata

Piazza Garibaldi, in pieno centro storico a Caltanissetta
Qualche giorno fa, il 17 ottobre, era la Giornata mondiale di lotta alla povertà, istituita dall’Onu nel 1992 come occasione per sensibilizzare governi, istituzioni e cittadini. In concreto non è accaduto nulla (come, del resto, per molte delle oltre centocinquanta “giornate mondiali” che scorrono spesso nel silenzio). Sulla maggior parte degli organi di informazione e dei siti social la Giornata non è stata nemmeno citata, come se nel nostro Paese e nel nostro territorio non fosse una drammatica emergenza che impone azioni di risposte concrete. Anche a Caltanissetta la Giornata è scivolata nel silenzio. Eppure sono forti i motivi per riflettere e tentare di agire. Un rapporto Istat pubblicato nei giorni scorsi ha stimato in 5,7 milioni le persone che in Italia (dati 224) vivono in “povertà assoluta”: sono l’8,7% della popolazione italiana. In Sicilia l’incidenza raddoppia: sono il 16,3 i siciliani in povertà assoluta, che vuol dire avere un reddito mensile che non arriva a 700 euro, che non consente di provvedere ai bisogni essenziali (cibo, abitazione, cure), determinando «l'incapacità di acquisire i beni e i servizi, necessari a raggiungere uno standard di vita minimo accettabile nel contesto di appartenenza».
Al di là dei numeri, del resto, è sotto gli occhi di tutti il profondo e diffuso disagio sociale legato a una situazione di estrema fragilità, che per molti, troppi significa l’assenza di un ambiente e di un progetto di vita, di un luogo dove prendersi cura di sé, costruire un futuro dignitoso anche per i figli, accogliere e veder crescere le relazioni con gli altri.
Lo vediamo tutti, ogni giorno, o forse siamo talmente assuefatti da non vedere più. Lo vedono, dovrebbero vederlo anche coloro che per scelta, per attività politica, con mandato elettorale ricevuto e per impegno con gli elettori costituiscono la classe di governo locale, provinciale, regionale, nazionale. Lo vediamo tutti, ma quasi mostriamo di non averne consapevolezza, mostriamo di non volere o potere fare qualcosa, mentre spesso mostriamo attenzione e voglia di mobilitazione per questioni marginali o addirittura insignificanti. Come se fossimo ormai rassegnati all’ineluttabilità di una sorta di agonia sociale nell’inedia senza neppure, ormai, rendercene conto. Si diffonde sempre più e si aggrava il “sonnambulismo sociale” (incisiva e appropriata definizione usata già da qualche anno dal Censis), e la risposta di una crescente moltitudine non è un’attiva mobilitazione ma la diserzione delle urne elettorali (a Caltanissetta all’ultima elezione per il sindaco andarono a votare meno di metà degli elettori).