L'intervista
Manovra regionale, Vecchio: «Una vera rivoluzione, ora all’Ars senza il voto segreto»
Il presidente di Confindustria Sicilia si esprime a favore delle misure adottate dalla Giunta siciliana che possono rendere l'Isola un modello nazionale
«Devo essere sincero: siamo molto contenti della manovra regionale approvata dalla giunta. Ci sono misure che oserei definire rivoluzionarie per lo sviluppo della Sicilia. Il governo ci ha ascoltato tanto: l’assessore Dagnino e soprattutto il presidente della Regione hanno voluto misure che renderanno la Sicilia un modello a livello nazionale».
Presidente Vecchio, quasi mai Confindustria Sicilia s’era schierata così apertamente con un governo regionale.
«Non è un posizionamento politico, ma l’oggettiva constatazione che nel disegno di legge ci sono misure concrete, concordate in modo trasparente con le categorie produttive».
La misura che vi sta più a cuore è il “ripescaggio” della decontribuzione in salsa siciliana.
«Questo è l’incentivo all’occupazione in cui il governo ha messo risorse consistenti, ed è certamente una norma concertata con noi. Noi l’abbiamo richiesta, ne abbiamo discusso e il presidente della Regione l’ha ben accettata e l’ha spinta. Ed è una norma rivoluzionaria. Perché siamo orfani della Decontribuzione Sud. Ricorderà che alla fine dell’anno scorso c’è stata la battaglia di tutta quanta Confindustria perché questa norma fondamentale venisse mantenuta a livello nazionale. Poi di fatto è stata depotenziata e praticamente cancellata. E ora la Sicilia è la prima Regione a dare un segnale: al di là della quantità di risorse messe in manovra, che comunque non sono poche, il segnale è quello che aiutiamo gli imprenditori di tutte le regioni a venire a creare nuova occupazione in Sicilia. E non è una norma solo per i siciliani, ma per tutti quelli che vogliono investire da noi. La decontribuzione non premia solo l’industria, o le infrastrutture o il commercio. Tutti i settori, tutti coloro che assumeranno hanno un incentivo e questo è fondamentale».
C’è pure la cosiddetta Super Zes, seppur con risorse limitate.
«Anche questo è un segnale. In un momento in cui sulla Zes unica c’è un po’ di confusione, si dimostra che la Sicilia può essere piattaforma rivoluzionaria di investimenti: il Nord Italia deve capire che senza lo sviluppo del Sud l’intero Paese non cresce e la norma va in questo senso».
Anche il South working è una buona idea, ma servirebbero molti più fondi per renderlo efficace.
«Sono d’accordo, ma è il quadro d’insieme che vorrei farle notare: c’è un pacchetto completo che va tutto nella stessa direzione: più risorse alle imprese, più investimenti sul sviluppo e sull’occupazione e ciò a medio termine significa più Pil e più entrate per le casse della Regione. È un circolo virtuoso».
Tutto molto bello. Ma non teme che questa “rivoluzione”, come avvenuto più volte, venga azzerata dal passaggio del ddl all’Ars?
«Ha centrato il punto. Molte norme di buon senso, in questi anni sono state impallinate all’Ars. Ed è per questo che lancio un appello ai deputati regionali: visto che non ci sono i tempi tecnici per cambiare il regolamento, come auspicato da molti, ci sia l’impegno ad astenersi dal voto segreto nella finanziaria, in attesa di abolire definitivamente il voto segreto già dal prossimo anno».
Sta chiedendo all’Ars di rinunciare a una delle sue prerogative?
«Sto chiedendo ai nostri politici, tutti, di fare un salto di qualità: trasformare lo standing dell’Ars da quello di un consiglio comunale, o peggio ancora di quartiere, alla dimensione nazionale ed europea di un parlamento che non si occupa di mancette, ma di grandi temi. E lo fa alla luce del sole, mettendoci la faccia e schierandosi in modo aperto. Noi imprenditori vogliamo sapere chi persegue interessi localistici e chi invece rema a favore lo sviluppo della Sicilia».
C’è rimasto male per la bocciatura del Ponte?
«Come Confindustria siamo sempre cauti rispetto ai grandi proclami sia in positivo che in negativo. Vorremmo leggere le motivazioni della bocciatura perché potrebbero essere solo ragioni tecniche. Che comunque non cambiano il nostro giudizio: noi riteniamo che il Ponte sia un’opera fondamentale per lo sviluppo e la coesione del Paese. Vogliamo il Ponte, ma vogliamo vedere immediatamente anche le opere connesse e quelle accessorie».
Di quali altre opere ha bisogno oggi la Sicilia?
«Di tante altre. Alcune stanno dentro il miliardo e 300 milioni di Fsc. Ma io ne cito altre due, entrambe fondamentali. La prima è il bypass della tangenziale di Catania, da Acireale tagliando i paesi pedemontani fino al casello di Motta Sant’Anastasia sulla A19, una soluzione di gran lunga migliore della terza corsia allo studio di Anas, che ci costringerebbe a un decennio di code infinite. La seconda è la cosiddetta “Pedemontana” per liberare la circonvallazione di Palermo: è assurdo che per arrivare a Punta Raisi o a Trapani si debba restare prigionieri del traffico cittadino del capoluogo».