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Ad Atreju, Meloni porta sul palco Abu Mazen: l’Italia si accredita come ponte nel Mediterraneo

Un invito che spiazza e un messaggio mirato: tra luci natalizie e diplomazia, la premier sceglie la kermesse di Fratelli d’Italia per rilanciare il ruolo di Roma nel dossier mediorientale

Redazione La Sicilia

12 Dicembre 2025, 18:04

18:07

Ad Atreju, Meloni porta sul palco Abu Mazen: l’Italia si accredita come ponte nel Mediterraneo

La festa di Atreju si trasforma per una sera in una platea di diplomazia internazionale. Sul palco sale la presidente del Consiglio Giorgia Meloni; pochi secondi dopo, accanto a lei, compare il presidente dell’Autorità Nazionale Palestinese, Abu Mazen (cioè Mahmoud Abbas). La premier scandisce un messaggio che è insieme politico e di politica estera: la presenza del leader palestinese “fa giustizia di tante falsità” circolate sul governo italiano e testimonia che l’Italia è stata ed è “centrale” nella crisi mediorientale e nel percorso verso la soluzione dei due Stati. Parole pronunciate davanti a un pubblico che, tradizionalmente, celebra l’identità della destra di governo, ma che per una sera diventa osservatore di un’inedita finestra sul Medio Oriente. La cornice è pop; il contenuto, squisitamente geopolitico.

Un palco, due messaggi: identità interna e proiezione esterna

L’intervento ad Atreju, la kermesse annuale organizzata da Fratelli d’Italia, è stato costruito in due tempi: prima un incontro a Palazzo Chigi, durato circa mezz’ora; poi l’ingresso congiunto sul palco, con la premier a fare da “presentatrice” del leader palestinese. Per Meloni, quell’invito è il contrappunto a narrazioni critiche che, a suo dire, hanno accompagnato due anni di esecutivo; per Abu Mazen, è l’occasione per ringraziare l’Italia per il sostegno politico e umanitario, riaffermare l’impegno alla “pace giusta” e dichiarare la disponibilità a lavorare “con il governo e con tutte le forze politiche italiane”. In platea, l’evento assume i contorni della mossa simbolica: nel mezzo della più intricata crisi regionale degli ultimi decenni, Roma prova a ritagliarsi il ruolo di ponte credibile tra le parti.

Le parole di Giorgia Meloni

Sul palco, Meloni sottolinea tre punti: la “centralità” dell’Italia nella gestione della crisi e nella ricerca di una “pace con la prospettiva dei due Stati”; la volontà di smentire le “falsità” circolate sul governo negli “ultimi due anni”; la convinzione che Roma possa ancora esercitare un ruolo di “protagonista” nel cammino diplomatico che attende la regione.

Si tratta di un’affermazione coerente con la linea seguita dal governo in questi mesi: sostegno alla prospettiva di due Stati, attenzione alla sicurezza di Israele, e disponibilità a investire capitale politico e risorse per la stabilizzazione e la ricostruzione, a partire dai valichi e dalla catena degli aiuti umanitari.

La risposta di Abu Mazen

Il presidente dell’Anp ringrazia l’Italia per il sostegno “al processo di pace”, cita l’addestramento della “polizia civile” palestinese e gli aiuti umanitari e medici, oltre al supporto per il valico di Rafah. Ribadisce che lo “Stato di Palestina” non deve essere visto come una minaccia alla sicurezza: l’obiettivo è essere un “partner per la costruzione della pace”, nel quadro di una soluzione “stabile e duratura” con i confini del 1967 e il reciproco riconoscimento con Israele. Indica la disponibilità a lavorare con tutte le componenti politiche italiane e, in un passaggio dal forte valore simbolico, augura “Buon Natale e felice anno nuovo” alla platea.

“Elezioni” nel discorso di Abbas

In un passaggio significativo, Abu Mazen evoca anche la disponibilità ad andare a “elezioni”, sia parlamentari sia presidenziali, un tema da anni bloccato nel sistema politico palestinese. Se e quando si concretizzerà, è questione aperta: l’annuncio, però, segnala la volontà di rilegittimare le istituzioni con il voto, condizione spesso evocata nelle discussioni internazionali sul futuro della West Bank e di Gaza.

Due Stati, sì: ma con condizioni

Fin dall’estate, Meloni ha legato il tema del riconoscimento formale dello Stato di Palestina a condizioni politiche precise: l’uscita di Hamas da ogni ruolo di governo e la liberazione degli ostaggi israeliani. Una posizione che non nega il traguardo, ma lo colloca come approdo di un processo e non come gesto unilaterale immediato, ritenuto “controproducente” se anticipato rispetto ai fatti sul terreno. È la linea ribadita tra luglio e settembre 2025 in sedi e interviste internazionali. Nel frattempo, l’Italia si è detta pronta – se richiesto dall’Onu – a valutare contributi a una eventuale forza internazionale di stabilizzazione per Gaza, mentre ulteriori aiuti umanitari e programmi di formazione sono in allestimento per i prossimi mesi. 

Il significato per l’opinione pubblica italiana

Portare Abu Mazen ad Atreju non è un vezzo, ma una scelta comunicativa precisa: trasferire un dossier internazionale nel cuore del linguaggio politico domestico. In altri termini, tradurre la politica estera in una narrazione comprensibile al proprio elettorato, senza rinunciare all’ambizione di parlare ai partner europei e mediterranei. Nella dinamica dei consensi, la premier punta a mostrarsi come leader capace di tenere insieme sicurezza, valori occidentali e dialogo. Il banco di prova, come sempre, sarà la realtà: la logistica degli aiuti, la sicurezza dei valichi, la capacità di trasformare gli annunci in risultati percepibili da chi vive a Gaza e in Cisgiordania.