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IL PERSONAGGIO

«Andrò via prima degli ottanta»: il lucido piano di Diego Dalla Palma che riaccende il dibattito sul fine vita

Alfredo Zermo

07 Novembre 2025, 15:10

15:13

«Andrò via prima degli ottanta»: il lucido piano di Diego Dalla Palma che riaccende il dibattito sul fine vita

Sulla tavola imbandita, una bottiglia di vino scelta con cura. Il piatto preferito, quello che riassume una vita di piaceri semplici e sofisticati. E poi il silenzio di un luogo amato, lontano dai clamori. È la scena che Diego Dalla Palma, 75 anni, immagina come preludio al proprio congedo. Non una fantasia nera, ma un piano definito — con avvocato e notaio, la consultazione di un medico, un viaggio all’estero — raccontato con una serenità disarmante in un’intervista che ha fatto il giro dei media italiani. «Non voglio affrontare il numero 80», ha spiegato, descrivendo una scelta che lui percepisce come un atto di libertà e di misura, contro la lenta umiliazione del corpo che cambia. La sua decisione, per come è stata raccontata, è destinata a lasciare un segno ben oltre il perimetro del gossip: attraversa la biografia, sfiora la spiritualità, urta contro il diritto. E riapre una conversazione che l’Italia rimanda da troppo tempo.

Un annuncio che spiazza: «Ho già organizzato tutto»

Nelle sue parole c’è la consueta franchezza. Dalla Palma spiega di aver fissato la rotta «con un avvocato e un notaio», di essersi affidato a un medico che «ha preparato un composto», di voler «andare all’estero» per chiudere i conti «da solo, in un luogo del cuore». L’atto, assicura, sarà «velocissimo: due, tre minuti». Prima, un ultimo desiderio gastronomico: «mangiare bene, un buon vino». Niente teatralità, niente platea: «una situazione riservata, tranquilla». Una regia sobria che rifiuta l’enfasi. Nel racconto entra anche il corpo: «alzarsi dalla sedia è diventata una piccola umiliazione», «devo cambiare le mutande due volte al giorno», «la mente non è più quella di prima». Domande dure: «È vita questa?». E una risposta che per lui suona definitiva: «Me ne andrò gioiosamente».

Il libro come chiave di lettura: “Alfabeto emotivo”

Le confessioni arrivano mentre Baldini+Castoldi manda in libreria il nuovo titolo dell’autore: “Alfabeto emotivo. In viaggio con la vita”, in uscita il 7 novembre 2025. Un diario di riflessioni — amicizia, amore, dolore, morte — scritto con lo stile diretto dell’icona che il New York Times ha definito «profeta del make-up made in Italy». Il volume, 240 pagine, è presentato come un taccuino personale, un abbecedario intimo che fa da cornice alla decisione pubblica. Anche qui, nessuna retorica: appunti, errori, scoperte.

Il personaggio oltre il personaggio

Nato a Enego il 24 novembre 1950, Dalla Palma si afferma a Milano prima come costumista e scenografo, poi come truccatore in Rai dal 1968 al 1978. Nel 1978 apre il suo Make Up Studio e lancia la linea diego dalla palma Milano, oggi diffusa in decine di Paesi. In televisione firma rubriche e programmi (tra cui Uniche, in onda dal 2018 al 2022), mentre negli ultimi anni sperimenta con podcast e teatro. Una carriera costruita sul culto della trasformazione e sull’idea che la bellezza sia, prima di tutto, sguardo.

Il piano: riservato, rapido, lontano da casa

L’architettura del “fine atto” che Dalla Palma racconta è chiara. Punto primo: tutela legale, con avvocato e notaio. Punto secondo: la parte sanitaria, con un medico che ha già predisposto un composto. Punto terzo: la logistica del commiato, all’estero e «da solo». Una scaletta che riflette consapevolezza e controllo. E che, soprattutto, si posiziona fuori dall’Italia, dove eutanasia e aiuto al suicidio restano ambiti normati in modo parziale e, spesso, ostacolati nella pratica.

Che cosa consente oggi la legge italiana

Nell’ordinamento italiano l’eutanasia resta un reato; ma dal 2019, con la sentenza 242/2019 della Corte costituzionale (caso Cappato/Antoniani), l’aiuto al suicidio può non essere punibile a condizioni molto stringenti: persona capace di decidere, affetta da malattia irreversibile fonte di sofferenze intollerabili, mantenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale, dopo verifica da parte del Servizio sanitario e informazione sulle cure palliative. Successive pronunce hanno ribadito questo perimetro e ne hanno discusso i limiti (ad esempio quando il malato non può fisicamente autogestire la somministrazione). In mancanza di una legge organica, l’accesso resta diseguale e spesso oggetto di contenzioso.

Perché molti italiani guardano alla Svizzera

Non stupisce che chi, come Dalla Palma, rivendica un’uscita “a modo suo”, scelga l’estero. In Svizzera, dove operano associazioni come Exit e Dignitas, l’aiuto al suicidio è praticabile da anni entro protocolli consolidati. I dati più recenti di Exit Svizzera tedesca fotografano 1.252 accompagnamenti nel 2023 (di cui 21 in Ticino) e 1.235 nel 2024 (29 in Ticino), con un’età media prossima agli 80 anni. La maggioranza degli atti avviene in abitazione privata e una quota significativa riguarda patologie oncologiche avanzate o polimorbidità dell’anziano. Numeri che confermano un fenomeno stabile, con una base associativa in crescita.

Il dibattito italiano: diritti, paure, zone grigie

La scelta di Dalla Palma - che ultimamente ha anche espresso il suo amore per la città di Catania - arriva in un Paese dove il tema del fine vita produce onde lunghe. Da un lato, le campagne della Associazione Luca Coscioni, che da anni monitora le richieste dei cittadini, offre consulenze (il cosiddetto Numero Bianco) e sostiene casi emblematici; dall’altro, la prudenza di una parte del mondo politico e religioso, e i vuoti applicativi nelle Regioni. Il rapporto 2023 della Coscioni segnalava quasi 14 mila richieste di informazioni in 12 mesi e poche autorizzazioni effettive; nel 2024 le richieste sarebbero salite a oltre 16 mila, ma i via libera restano una minoranza. Dati che raccontano una domanda sociale crescente, e una risposta istituzionale ancora incompleta.

Dalla biografia all’orizzonte del commiato

Per capire la traiettoria di Dalla Palma, bisogna attraversare la sua autobiografia pubblica: la povertà dell’infanzia, la malattia a sei anni (un coma da cui riemerge dicendo di aver “visto una luce lilla”), l’ascesa fulminante, gli eccessi, le cadute economiche, la continua reinvenzione. Negli ultimi anni, tra podcast e palcoscenico, ha messo a tema la fragilità come forma di verità. L’annuncio della “uscita programmata” si inserisce coerentemente in questa estetica della scelta: nulla di eroico, semmai l’ostinazione a non delegare ad altri — né allo Stato, né alle istituzioni religiose — il governo del proprio corpo.

Che cosa significa “due-tre minuti”

Il riferimento, brutale e chiaro, al tempo stimato («due, tre minuti») rimanda ai protocolli che alcune realtà estere adottano per l’aiuto al suicidio, basati su farmaci ad azione rapida, somministrati in condizioni controllate e con valutazioni preventive su consenso, capacità e stato clinico. Non si tratta di “spettacolo”, sottolinea Dalla Palma, ma di riservatezza: un confine netto tra la vita pubblica, costruita in decenni di immagini e parole, e un ultimo atto desiderato come intimo e silenzioso. Il suo racconto, in ogni caso, non entra nel dettaglio delle sostanze né dei passaggi tecnici, e resta su un piano deliberatamente esistenziale.

Il nodo della dignità: parole che dividono

«Ho conosciuto la malinconia e il dolore, mai la tristezza. Oggi sono leggero, quasi felice. Beato. E senza alcuna paura». Sono frasi che disorientano perché derubricano la morte da tabù a scelta organizzativa. Per chi lo ammira, è l’ennesima prova di onestà: l’artista che ha fatto della trasparenza il proprio marchio, ora dice l’indicibile. Per altri, è una resa che rischia di normalizzare l’uscita volontaria in assenza di una legge chiara e di un sistema di cure palliative pienamente accessibile. In mezzo, la maggioranza: persone che chiedono informazioni e tutele, per non ritrovarsi costrette a valicare un confine per esercitare un diritto percepito come personale.

Cosa succede adesso

Sul piano giornalistico, l’annuncio di Dalla Palma è già un fatto. Sul piano giuridico, resta un proposito: nessuna data e nessun dettaglio operativo oltre ciò che lui ha voluto condividere. È prudente ricordare che le sue parole non equivalgono a una procedura avviata: descrivono un intendimento e la predisposizione di alcuni strumenti (legali, organizzativi, medici). Se e come questa intenzione verrà tradotta in atto non è dato saperlo, né è compito del cronista colmare i vuoti con ipotesi. Il punto, semmai, è un altro: l’Italia dispone di un quadro che consente in casi limitati l’aiuto al suicidio, ma non ha una legge sul fine vita capace di tenere insieme autodeterminazione, protezione dei fragili e uniformità territoriale. Nel frattempo, molti — come pare intenzionato a fare Dalla Palma — guardano oltre confine.

Un gesto privato che diventa pubblico

La scelta di raccontare il piano a un quotidiano nazionale, e di legarlo all’uscita di un libro che parla di emozioni e limiti, produce un corto circuito: un fatto intimo che diventa notizia e si trasforma in specchio per una comunità. In questo specchio, l’Italia vede almeno tre cose:

  • una figura popolare che rifiuta il declino come destino inerte;
  • un sistema normativo che procede a sentenze e circolari;
  • un flusso crescente di persone che cercano risposte.

È un’occasione per discutere seriamente di cure palliative (ancora diseguali), di disposizioni anticipate di trattamento, di assistenza psicologica ai malati e ai caregiver, e — soprattutto — di libertà e responsabilità nella gestione dell’ultimo tratto di strada.

Il lascito simbolico di un “look maker” che ha cambiato lo sguardo

C’è, infine, una lettura simbolica. Dalla Palma ha insegnato a generazioni che la bellezza è un esercizio di scelta e consapevolezza: un trucco che evidenzia, un tratto che attenua, una luce che decide cosa mostrare e cosa nascondere. Applicata al fine vita, questa grammatica diventa filosofia: scegliere non per spettacolarizzare, ma per misurare; non per negare la fragilità, ma per riconoscerla e prenderla in carico. È una posizione che non pretende di valere per tutti, ma che chiede a tutti — credenti, laici, indecisi — il rispetto dovuto a una coscienza che si espone. E chiede alle istituzioni la maturità di una legge capace di tenere insieme il diritto a vivere bene e quello, in certe condizioni, a morire senza accanimento.

Cosa può fare oggi chi vuole capire e tutelarsi

  • Informarsi sulle DAT (Disposizioni Anticipate di Trattamento), previste dalla legge 219/2017, per dichiarare in anticipo quali cure accettare o rifiutare.
  • Conoscere i requisiti fissati dalla sentenza 242/2019 per l’aiuto al suicidio in Italia e l’iter di verifica tramite SSN.
  • Chiedere supporto a associazioni qualificate per orientarsi tra palliative, sedazione profonda e percorsi legali.
  • Se si guarda all’estero, informarsi sulle procedure e le condizioni richieste da realtà come Exit o Dignitas.

Sono passi concreti che non risolvono il vuoto legislativo, ma offrono strumenti a chi desidera pianificare — o anche solo capire — il proprio fine vita con lucidità.

L’ultimo mese, come lo immagina lui

Prima un mesemeraviglioso”, poi «ci vuole niente». È l’immagine più potente lasciata da Dalla Palma: condensare in 30 giorni un bilancio di esistenza, celebrando ciò che resta e salutando il superfluo. Non è un invito, non è una ricetta: è la traiettoria personale di chi ha costruito sé stesso come opera — spesso provocatoria — e ora vuole firmarne anche l’epilogo. Sarà davvero così? Lo dirà il tempo. Intanto, ci ha costretto a fare i conti con il nostro epilogo, a prescindere dalle convinzioni. E con una domanda che resta aperta: in quale Paese vogliamo affrontarlo.