Inter e Milan, la differenza sta in porta. I 4 ko di Chivu sono quasi definitivi. Gode la Roma, ma attenzione alle magie di Conte. La Juve resta un rebus
l derby è di Pulisic, ma soprattutto di Mike Magnan: la sua superiorità rispetto a Sommer è evidente. Attesa per l'incrocio bellissimo tra giallorossi e Napoli
Il derby è di Pulisic, ma soprattutto di Mike Magnan. Il Milan smonta l’Inter colpendo con la specialità di casa Allegri (difesa ferrea e ripartenza doc), ma trova un portiere che confeziona almeno quattro miracoli, compreso il rigore di Calhanoglu respinto con un balzo strepitoso. Tutto oro colato per la Roma che comanda in solitudine, una notte di respiri profondi e di fantasmi veri per Chivu, quattro sconfitte in campionato sono una batosta inenarrabile.
L’Inter fa la partita per un tempo, non raccoglie perché sbatte su due pali e sul fenomeno Mike, poi si abbatte e si scioglie sprecando il rigore che l’avrebbe rimessa in carreggiata. C’è una differenza enorme tra due portieri perché Sommer respinge male la rasoiata di Saelemaekers che accende Pulisic, non sono dettagli.
E così la Roma capitalizza l’ennesima prova di forza contro la Cremonese. Le lezioni del maestro Gasp, il nuovo Soulé deciso e Wesley che si è preso la fascia e la ribalta come se fosse giallorosso da una vita. E domenica l’incrocio bellissimo con il Napoli che insegue a due punti.
Antonio Conte che stritola l’Atalanta è una prova inconfutabile: sa come e quando intervenire, a maggior ragione per sbloccare un momento di totale difficoltà, anticamera della crisi. Conte è sparito per qualche giorno, si è rintanato a Torino, la leggenda vuole che abbia staccato il telefono evitando qualsiasi tipo di contatto. La legittima pretesa era quella di risvegliare ambizioni smarrite, soprattutto la vecchia guardia si era un po’ seduta non agevolando l’inserimento degli ultimi arrivati. Conte non ha bisogno di parlare, aspetta i fatti: sontuoso il primo tempo, una sintesi di concretezza, tattica, furore agonistico, il Napoli di una volta. Lui ha toccato qualche tasto, sganciando Noa Lang dall’inizio, trovando un Neres letale, ripristinando quella grande fame che la sua squadra aveva perso evitando di sedersi a tavola e digiunando in modo inaccettabile. La brutta notizia è lo stop muscolare di Hojlund, ma ce n’è una bella (bellissima) relativa all’imminente ritorno di Lukaku nel circuito azzurro. Sappiamo quanto Romelu sia fondamentale per il Napoli, recita a memoria il verbo di Conte e lo trasferisce in automatico ai compagni.
La Juventus resta un punto di domanda. Indipendentemente dai tre pareggi nelle quattro partite della nuova gestione, se fossimo tornati da una breve vacanza senza aver memorizzato le ultime novità probabilmente non ci saremmo resi conto della svolta già avvenuta (da Tudor a Spalletti). Si potrà dire che ci vuole tempo per trasferire certe qualità e ribaltare il mondo, ma la Juventus non può rinviare la svolta, lo dicono la storia e il suo DNA a maggior ragione se pensiamo che l’ultimo scudetto è datato 2020. La Juve non vince, ma spesso si stacca dal vertice in tempi non sospetti (da novembre a febbraio), riducendosi a lottare solo per il piazzamento Champions. Spalletti deve attivarsi perché ciò non accada, velocizzando le scelte, magari ripristinando la difesa a 4 (la novità Koopmeiners tra i centrali ormai ha perso l’effetto sorpresa) e non dimenticando che la sfida di martedì in Champions inciderà parecchio sul resto della stagione.