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L'interrogatorio

Scandalo tangenti, la scena muta di Cuffaro che però si difende: «Mai pronunciata la parola "soldi"»

Rischio arresti domiciliari per l'ex governatore siciliano tra intercettazioni; per lui il sequestro di 80mila euro e accuse di corruzione e favoritismi

Salvo Catalano

15 Novembre 2025, 08:06

13:14

Scandalo tangenti, la scena di muta di Cuffaro che però si difende: «Mai pronunciata la parola "soldi"»

«Ha paura di tornare in carcere?». L'ultima domanda del cronista sbatte sullo sportello dell’auto chiuso con decisione da Totò Cuffaro. Nessuna risposta, né a questo né agli altri interrogativi che gli scivolano addosso all'uscita dal Tribunale di Palermo, dove ieri si è presentato davanti alla Gip Carmen Salustro che deve decidere se spedire l’ex governatore agli arresti domiciliari, come chiesto dalla Procura.

«Ho preso l'impegno di non parlare e non parlo», si limita a dire il dimissionario leader della Dc ai giornalisti presenti. Quasi frenato dalla linea imposta dai suoi avvocati Marcello Montalbano e Giovanni Di Benedetto: «Siamo abituati a fare i processi nelle sue sedi naturali, non per strada davanti a 50 microfoni», hanno sottolineato i due legali uscendo dal Palazzo di giustizia, dove hanno depositato una memoria scritta. Eppure Cuffaro qualcosa al gip ha detto: dichiarazioni spontanee che in parte hanno confermato quanto già confidato ai carabinieri del Ros durante le perquisizioni a casa e finite in una relazione depositata (ne parliamo nell'articolo sotto). L'ex presidente della Regione è accusato di associazione a delinquere, corruzione e turbata libertà degli incanti, nell'ambito di un'inchiesta che vede coinvolte altre 17 persone tra cui il parlamentare di Noi Moderati Saverio Romano e l'ex vicecapogruppo della Dc all'Ars Carmelo Pace. «Il dottore Cuffaro - spiegano in una nota gli avvocati Montalbano e Di Benedetto - si è oggi avvalso della facoltà di non rispondere, pur avendo reso delle dichiarazioni spontanee. Ciò in quanto si ritiene indispensabile, prima di sottoporsi a qualsivoglia interrogatorio, un approfondimento sul compendio probatorio con il quale misurarsi, con particolare riferimento al contenuto delle intercettazioni. Tale convincimento - continuano i legali - nasce anche dal fatto che l'unica trascrizione di intercettazione ambientale finora ascoltata, anche con l'ausilio di un consulente tecnico espressamente nominato, è risultata errata su un punto di centrale rilevanza per la configurabilità del reato contestato in concorso con Vetro, Pace e Tomasino nel senso che non si ravvisa la parola "soldi" e la frase in questione, diversamente da quanto emerge nella trascrizione, non è stata detta da Cuffaro».

È un passaggio importante. Nell’articolata inchiesta della Procura sono documentati diversi episodi in cui il leader democristiano chiede e riceve favori, esercita pressioni su manager della sanità e dirigenti di enti pubblici a lui vicini, parla di affari con imprenditori. Ma c’è un unico episodio in cui, secondo gli inquirenti, riceve una mazzetta dall’imprenditore di Favara Alessandro Vetro, da recapitare al direttore del Consorzio di bonifica della Sicilia occidentale Giovanni Tomasino, amico di vecchia data di Cuffaro, da lui sponsorizzato e protetto.

«Tornando al discorso che mi hai fatto poco fa dei soldi… te li prendi questi», dice Vetro a Cuffaro in una intercettazione ambientale. «No, ma già sono assai questi, perché io non ho fatto nulla per meritarmeli», replica il politico. «Per l’amicizia... pigliateli». E la chiosa di Cuffaro: «Per il futuro».

Poco dopo Cuffaro incontra il deputato Pace e lo invita a chiamare il direttore Tomasino. «Lo fai venire là (all’Ars ndr) e gli dai i soldi», dice l’ex governatore. Somme che sarebbero servite per far aggiudicare future gare del Consorzio all’imprenditore Vetro. Così almeno quanto emerge dalla trascrizione delle intercettazioni fatte dal Ros dei carabinieri, che la difesa di Cuffaro contesta. Secondo i legali, Cuffaro non avrebbe mai pronunciato la parola «soldi».

Inoltre «nel corso dell’udienza camerale - scrivono i legali - la difesa ha eccepito l’insussistenza dei gravi indizi di colpevolezza per tutte le incolpazioni provvisorie contestate» e «l’inutilizzabilità» della relazione di servizio dei Ros contenente le dichiarazioni di Cuffaro durante la perquisizione a casa e il sequestro di 80mila euro in contanti.

Tuttavia, nelle dichiarazioni spontanee il leader Dc è tornato su alcuni aspetti già toccati con i carabinieri. Da una parte ha cercato di ridimensionare il suo ruolo nella vicenda della gara d’appalto dell’Asp di Siracusa che sarebbe stata truccata per far vincere la ditta Dussman. Cuffaro ha sostenuto che la accelerazione dell’aggiudicazione dell’appalto sarebbe dipesa da «altri attori». Ai carabinieri aveva esplicitamente parlato di una responsabilità di Saverio Romano. Secondo la Procura, la gara sarebbe stata pilotata. E in cambio la Dussmann avrebbe favorito, aumentando le loro ore di lavoro, due dipendenti vicini a Cuffaro e raccomandati in particolare da Mauro Pantò (non indagato), il presidente della partecipata regionale Sas primo dei non eletti nella lista della Dc alle elezioni Regionali. La Dussman avrebbe anche dato un subappalto alla Euroservice di Sergio Mazzola, imprenditore sponsorizzato da Romano.

Sempre nel corso delle dichiarazioni spontanee, in riferimento all’accusa di aver truccato il concorso da 15 posti per Oss dell’azienda Villa Sofia, Cuffaro ha sostenuto di aver fatto un errore. Anche ai carabinieri aveva dato la stessa versione, pur usando un’espressione colorita. «Ho fatto una minchiata per aiutare una ragazza», aveva ammesso.