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Quarant'anni fa la Crisi di Sigonella, quando l'Italia si oppose agli Stati Uniti

Il 10 ottobre 1985 i rapporti tra i due storici alleati rischiarono di rompersi. Al centro della vicenda i quattro dirottatori palestinesi della nave Achille Lauro, l'omicidio a bordo di un ebreo americano e il ruolo del loro capo, Abu Abbas

Salvo Catalano, Salvo Fleres, Paolo Garofalo

10 Ottobre 2025, 07:00

14:01

Quarant'anni fa la Crisi di Sigonella, quando l'Italia si oppose agli Stati Uniti - LONGFORM

Quanto vale un’ora della nostra vita? Quanto vale un’ora nella famosa “notte di Sigonella” tra le 23.53 del 10 ottobre 1985, e l' una circa del giorno dopo? Quanto vale l’ora in cui si scriverà una pagina della storia contemporanea legata ai rapporti tra Italia, Paesi arabi, Israele e Stati Uniti d’America?


Una storia iniziata qualche giorno prima al porto di Genova con le operazioni di imbarco sul transatlantico Achille Lauro, che si prepara a salpare per una crociera nel Mediterraneo e che prevede di attraccare a Napoli, in Sicilia poi in Egitto, quindi in Israele, a Cipro e in Grecia prima di rientrare in Italia. Confusi con gli ignari passeggeri, salgono a bordo cinque palestinesi, tra cui un minorenne, muniti di passaporti falsi. Cinque uomini, cinque passaporti falsi e cinque kalashnikov. Nessuno si accorge di nulla.


 IL RACCONTO AUDIO DEL MAGISTRATO CHE AFFRONTO' GLI AMERICANI NELLA NOTTE DI SIGONELLA 



Sono gli anni del terrorismo internazionale, della rivoluzione libica di Gheddafi, degli attentati dell’Ira in Irlanda, in Italia delle Br e dei misteri, da Ustica alla strage di Bologna, al ferimento di Giovanni Paolo II, alle sparizioni di Mirella Gregori ed Emanuela Orlandi. Sono gli anni in cui si svela la loggia P2 guidata da Licio Gelli. Gli scenari internazionali di guerra si spostano lungo la direttrice mediorientale con l’invasione israeliana del Libano, dove si trovava il quartier generale dell’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (Olp) guidata da Yasser Arafat. Si utilizzano le auto-bomba e i terroristi agiscono anche all’estero. Il sequestro e poi l’esecuzione di tre civili israeliani a Cipro da parte di un commando palestinese che chiedeva il rilascio di prigionieri politici a Tel Aviv provocò la reazione durissima del laburista Shimon Peres, capo del governo israeliano che ordina una rappresaglia aerea sul quartier generale dell’Olp, ospite a Tunisi, uccidendo cinquanta palestinesi, diciotto civili tunisini e contando centinaia di feriti.

La tensione è al massimo, ma nonostante lo stato di massima allerta a Genova, solo pochi giorni dopo cinque terroristi si imbarcano indisturbati con valigie e kalashnikov su una nave da crociera. Una stranezza: uno dei cinque palestinesi scenderà ad Alessandria dove la nave fa sosta per consentire la classica escursione alle Piramidi. In quelle ore un radioamatore di Göteborg capta la richiesta d’aiuto dell'Achille Lauro: «Mayday, Mayday, Mayday: siamo stati dirottati da un numero imprecisato di palestinesi».

La notizia rimbalza a Roma ma non sono i servizi segreti militari ad avvertire il presidente del Consiglio Bettino Craxi: accadrà il contrario, sarà Palazzo Chigi ad avvertire il Sismi che è in corso il primo atto di pirateria nel Mediterraneo, ai danni di una nave battente bandiera italiana. Si stimano 550-600 persone a bordo, ma non si conosce il numero dei sequestratori. Si saprà subito dopo che sono quattro militanti estremisti del Fronte per la Liberazione della Palestina, una delle tante organizzazioni che Arafat aveva riunito nell’Olp.


ACHILLE LAURO E LA CROCIERA DEL TERRORE, L'ESTRATTO DEL DOCU SKY


Le ore corrono veloci lungo i fili dei telefoni dei governi di Italia, Stati Uniti, Israele, Egitto, Siria e dell’Olp. Gli stessi americani chiedono al ministro degli Esteri Andreotti di coinvolgere Arafat, che si rende disponibile a collaborare con l’Italia e nomina due emissari, che si sposteranno in Egitto, per affrontare la situazione in maniera diplomatica. Nel frattempo si apre ufficialmente la crisi militare. Il ministro della Difesa, Giovanni Spadolini, prepara l’azione militare, definita “Operazione Margherita”, predisponendo il Raggruppamento Subacquei e Incursori Teseo Tesei della Marina Militare, e 50 incursori paracadutisti del IX Reggimento d’Assalto Col Moschin. Craxi e Andreotti rincorrono invece l’azione diplomatica, per evitare il coinvolgimento degli ostaggi in un’azione armata, e la possibile rottura delle relazioni col mondo arabo, in un periodo di grande tensione. Risulterà la linea vincente e alle 3 della notte dell’8 ottobre, Arafat comunica che Hani al-Hassan e Abu Abbas stanno per raggiungere il Cairo e trattare coi terroristi.

Intanto si diffonde la voce che un turista americano è stato ucciso. Conferme e smentite, il comandante della nave, Gerardo De Rosa, la nega persino dopo che i terroristi abbandonano il transatlantico. Gli americani (che intercettano Mubarak ma non possono dirlo), sono certi dell’omicidio dell’ebreo americano Leon Klinghoffer e intendono intervenire. Arafat chiama Craxi e gli anticipa di nutrire una «elevata fiducia» per la conclusione del sequestro. Abu Abbas, infatti, si è messo in contatto con i dirottatori e il leader del Fronte popolare per la liberazione della Palestina ordina ai dirottatori di scusarsi con il comandante, liberare gli ostaggi e arrendersi alla polizia egiziana. Lo fanno verso le 13 e alle 15.30 lasciano la nave e l’esercito egiziano li porterà su un aereo insieme ai due rappresentanti dell’Olp, Hani al-Hassan e Abu Abbas per essere trasferiti a Tunisi, scortati da un diplomatico egiziano e da dieci uomini dell’Unità 777 Scorpions delle forze armate egiziane. Solo alle 20 il comandante De Rosa fa sapere che un turista è stato assassinato.


ACHILLE LAURO E LA CROCIERA DEL TERRORE, ESTRATTO DEL DOCU SKY


Perché De Rosa nascose l’omicidio? Perché lo nascosero i terroristi? Chi era davvero Leon Klinghoffer? Quale era il ruolo di Abu Abbas? E soprattutto, quale era la vera missione del commando? Davvero volevano fare una strage al porto israeliano di Ashdod dove la nave doveva attraccare? O l’obiettivo era proprio Leon Klinghoffer che sapremo dopo essere un alto dirigente di B’nai B’rith una delle logge massoniche ebraiche, molto vicina al Mossad?

Intanto alle 21,15 dalla base aerea di Almaza, a nord della capitale egiziana, decolla il Boeing 737 della EgyptAir con destinazione Tunisi ma ai microfoni della Cnn Ronald Reagan manda loro un messaggio rimasto celebre: «Potete fuggire ma non potete nascondervi». E sarà così. Cominceranno a correre inutilmente nei cieli del Mediterraneo, perché Reagan riesce a convincere il governo tunisino a vietare l’atterraggio e lo stesso farà con quello algerino e quello greco. Il Boeing egiziano verrà quindi affiancato da quattro Tomcat F-14 e un aereo radar E-2C, e dirottato verso la base militare italiana di Sigonella. Qui gli americani gestiscono la parte ovest della base con la loro pista riservata, un terminal, e gli insediamenti viciniori alla base aerea, destinati agli alloggi dei marines e delle loro famiglie.

La responsabilità della difesa della base era affidata, come da prassi nelle ore serali e notturne, al sottotenente di turno, in qualità di ufficiale di guardia, che in quella specifica occasione era Giuseppe Gumina, un ventenne, militare di leva di prima nomina. Quel pomeriggio qualcosa non gira per il verso giusto. Ne è certo Gumina. I militari statunitensi, isolato il loro terminal, tutti armati e con giubbotti antiproiettili, montano alla sbarra d’accesso alla base aerea. Il pomeriggio scorre apparentemente, poi il tenente Mario Passaro, che aveva la responsabilità della torre di controllo, autorizza l’atterraggio del Boeing dell’Egypt Air dirottato che ha dichiarato emergenza carburante, ma insieme all’aereo egiziano atterrano due Lockeed C-141 Starlifter, provenienti da Ramstein in Germania, con a bordo gli uomini della Delta Force, guidati dal Generale Carl Stiner.


IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO BETTINO CRAXI NELLA NOTTE DEL 10 AGOSTO 1985 - ESTRATTO DA "LA STORIA SIAMO NOI" (RAI)


La richiesta è semplice: gli Usa vogliono prelevare i quattro terroristi e gli emissari palestinesi, in particolare Abu Abbas che è il leader del Fplp. Gumina si pone come un argine davanti al generale dei marines e, insieme ai carabinieri e agli ufficiali presenti, tiene testa al comandante della Delta Force, di fatto portavoce della volontà del presidente degli Usa. Allertate le autorità politiche e militari iniziano trattative, che si spostano direttamente lungo il filo del telefono tra Craxi e Reagan. Tra i due si inserisce, con una traduzione molto infedele, un uomo dei servizi segreti israeliani dello Shin Bet, consulente della Cia e dei Servizi segreti italiani, l’ebreo Michael Ledeen, il cui nome compare in molte altre oscure e tragiche vicende italiane e recentemente scomparso. Nonostante i tentativi distorsivi dello 007, i due presidenti trovano la quadra e alle prime luci dell’alba la situazione a Sigonella, dove erano giunti altri militari da diverse parti della Sicilia, comincia a ritornare normale. I dirottatori dell'Achille Lauro vengono portati nel carcere di Siracusa e successivamente processati e condannati. Hani al-Hassan e Abu Abbas partono per Roma, da dove raggiungono la ex Jugoslavia, con il fondamentale aiuto del governo italiano, che volle così mantenere gli impegni assunti con Arafat non consegnandoli agli Usa.


CRAXI E LA CRISI DI SIGONELLA SECONDO L'EX MINISTRO SALVO ANDO'


Da Sigonella ripartono anche i due C-141 e gli uomini della Delta Force, ma i fatti di quella notte, nonostante una famosa lettera di chiarimenti spedita da Reagan a Craxi, che cominciava con il famoso incipit “Dear Bettino”, segneranno per sempre i rapporti fiduciari tra il nostro Paese e gli Usa. Ma non solo. I servizi segreti israeliani, per mano di Leeden, tenteranno di condizionare buona parte degli orientamenti filo-arabi di alcuni partiti ed esponenti politici italiani. In parte riuscendoci.

Non sono pochi gli esperti che collegano le sorti politiche di Craxi e di Andreotti al loro comportamento tenuto durante i fatti di Sigonella e molti dei fatti politici successivi, legati all’influenza di Israele e degli Usa, nella politica interna italiana. Ciò che è chiaro è il fatto che il coraggio degli uomini in servizio quella notte nella base siciliana e l’atteggiamento del Governo italiano, affermarono con orgoglio la sovranità del nostro Paese ed impedirono l’aggravarsi di una situazione che avrebbe potuto avere risvolti, oltre che sul piano diplomatico, ma anche su quello della sicurezza.